La paziente, a causa di non corretta esecuzione di artroprotesi, accusava forte dolore, con limitazione funzionale e zoppia nonché accorciamento dell’arto inferiore di 14 mm e scollamento dello stelo della protesi (Tribunale di Milano, Sez. I, sentenza n. 8140/2020 del 10 dicembre 2020)

La paziente conviene in giudizio la Azienda Ospedaliera, l’Istituto di Cura e il Medico chiedendo la condanna dei due istituti sanitari, per le quote di rispettiva responsabilità, in solido con il medico, al risarcimento dei danni derivanti dalla non corretta esecuzione di artroprotesi anca sinistra eseguito il 19.1.2010, sia del successivo intervento riparativo eseguito il 13.9.2011 dal medesimo Medico presso il secondo Istituto convenuto.

L’attrice, in particolare, deduce che:

  • il giorno 18.1.2010 veniva ricoverata presso l’Istituto e il giorno successivo sottoposta ad intervento di artroprotesi anca sinistra con impianto di protesi non cementata a risparmio di collo;
  • dimessa dal reparto di chirurgia il 25.1.2010, veniva ricoverata presso il reparto di riabilitazione del medesimo istituto dove rimaneva sino al 1.2.2010;
  • nonostante i cicli di fisiokinesiterapia riabilitativa, accusava forte dolore, con limitazione funzionale e zoppia;
  • successivi controlli evidenziavano un accorciamento dell’arto inferiore sinistro di 14 mm e, nell’aprile 2011, lo scollamento dello stelo della protesi;
  • il 12.9.2011 veniva ricoverata presso il secondo Istituto convenuto e il giorno successivo sottoposta a intervento correttivo e di revisione protesica, con sostituzione della componente femorale da parte del medesimo Medico che eseguiva il primo intervento;
  • veniva dimessa il 19.9.2011 ma continuava ad accusare dolori all’anca sinistra con limitazione funzionale e zoppia.

Avvalendosi di una consulenza di parte, la paziente ha allegato la responsabilità del Chirurgo che, nell’intervento del 19.1.2010, ha impiantato una protesi non adeguata per sottodimensionamento dello stelo femorale, con difetto di centramento dello stelo all’interno del canale femorale e accorciamento dell’arto , errori ai quali il Medico non ha saputo porre rimedio nel successivo intervento del 13.9.2011, restando immutata la dismetria di circa 15 mm.

Si costituiscono in giudizio tutte le parti convenute.

In particolare, il Medico sostiene “di aver eseguito un intervento chirurgico corretto e in linea con i dettami della comunità scientifica internazionale; che la mobilizzazione dell’elemento protesico è dipesa da una non adeguata osteointegrazione tra protesi e osso, non imputabile al chirurgo; che anche il secondo intervento è stato correttamente eseguito; che le misurazioni possibili nel corso dell’intervento possono inevitabilmente comportare una leggera dismetria; che uno slivellamento sino a 1cm/1,5cm è compatibile con una correzione a rialzo nella calzatura ed è accettato dalla comunità scientifica.”

La causa viene istruita con CTU Medico-Legale e, all’esito, vengono respinte la richiesta della difesa dell’attrice di rinnovo della CTU o di convocazione dei Consulenti dell’ufficio a chiarimenti.

Il Tribunale osserva che la CTU espletata, affidata a un collegio composto da uno Specialista in medicina legale e uno Specialista in ortopedia, è chiara, completa e coerente con le risultanze documentali e con le emergenze cliniche e costituisce un valido supporto tecnico ai fini della decisione.

Inoltre, le osservazioni inviate dal CTP dell’attrice sono state esaminate e puntualmente riscontrate dai CTU.

Ciò posto, la non condivisione delle valutazioni e delle conclusioni dei CTU non può costituire motivo di richiesta di chiarimenti ai periti.

Nell’elaborato non sono ravvisabili contraddizioni o lacune che richiedono un completamento o un supplemento di indagine.

Si legge nella CTU: “soggettivamente il soggetto ci ha riferito la presenza di persistente dolore alla deambulazione, dolore irradiato all’inguine sinistro e facile affaticabilità. Non è seguita continuativamente da alcun medico ed anche ipotetici gesti chirurgici suggeriti per ora vengono rifiutati. Non assume farmaci antidolorifici. Obiettivamente si presenta a visita utilizzando bastone per la deambulazione (che dice di utilizzare saltuariamente anche al domicilio). Distanza SIAS -malleolo interno a sinistra cm 83 ed a destra 84.5. Flessione della anca sinistra che raggiunge i 120 gradi. Tutti i movimenti attivi e passivi sono ridotti ai gradi estremi e comunque assolutamente sovrapponibili a quelli della anca controlaterale. ROT nella norma. Non deficit vascolo -periferici. Minus perimetrico comparativo del quadricipite femorale (9 cm prossimalmente al polo rotuleo) di circa cm 1. Parità perimetrica della sura”.

I Consulenti confermano la correttezza della indicazione al trattamento chirurgico (invero non contestata) ” data l’avanzata degenerazione artrosica della articolazione “…(..).. “dalla descrizione del gesto chirurgico presente in atti , emerge che la tecnica chirurgica impiegata fu quella usuale, con accesso per via anteriore. La visione diretta delle immagini radiografiche alla epoca realizzate conferma il corretto posizionamento chirurgico degli impianti protesici”…(..).. “il decorso clinico fu regolare ma stante il lamentato continuo dolore all’anca fu eseguita (il 17.1.2011) una scintigrafia ossea per valutare la stabilità dell’impianto. Tale esame risultò nella norma e non indicativo di fenomeni disreattivi .”

“Seguì nuovo periodo silente dal punto di vista delle certificazioni, in cui la paziente riferì di aver lamentato continuo dolore, sino alla decisione del Sanitario di un intervento di revisione di sostituzione protesica: in occasione di quest’ultimo, avvenuto il 13.09.2011, fu apprezzata una mobilizzazione dello stelo protesico ed una stabilità del cotile e venne pertanto revisionata la sola componente femorale oltre agli inserti e testina”.

I CTU hanno concluso per la assenza di censure in capo ai convenuti, ribadendo oltre alla corretta indicazione per entrambi gli interventi, anche la loro corretta esecuzione, e hanno precisato che: “la mobilizzazione dello stelo protesico non è addebitabile a difetti di condotta; la mobilizzazione protesica è un evento ampiamente descritto in letteratura e, dove non sussistano elementi di censura alla esecuzione dell’intervento, è evento prevedibile ma imprevenibile e multifattoriale (osteopenia, mancata integrazione, reazione da corpo estraneo…etc) “.

Ed ancora, nel rispondere alle osservazioni del CTP della paziente, hanno ribadito e precisato che “la protesi in oggetto è una protesi a presa sul collo femorale e la sua dimensione è inferiore rispetto a quella ordinaria di una protesi a presa canalare. La protesi usata nel caso della paziente è quindi una protesi proporzionata e non sottodimensionata come già indicato. “…(..)..”La mobilizzazione della protesi è dipesa da una mancata osteointegrazione e non da un errato impianto o un sottodimensionamento. Dismetrie come quella accertata entro il 1,5 cm, sono tollerate e ritenute parafisiologiche, ed universalmente riconosciute come non iatrogene siano esse iper o ipometriche “.

In conclusione, i CTU non hanno riscontrato elementi di censura a carico dei convenuti, in relazione ad entrambi gli atti chirurgici indicati poiché “correttamente eseguiti, con esito finale complessivamente favorevole e compatibile con gli usuali esiti di tale intervento”.

Per tali ragioni il Tribunale ribadisce l’insussistenza di motivi per discostarsi dalle valutazioni offerte dai CTU, né di rimettere la causa in istruttoria per un nuovo accertamento o per chiarimenti.

Le domande dell’attrice vengono rigettate con condanna della stessa al pagamento delle spese di giudizio nei confronti di tutti i convenuti che vengono liquidate in euro 10.700,00, oltre accessori, in favore di ciascuna parte convenuta a giudizio, e viene altresì condannata al pagamento delle spese di CTU.

La sentenza qui a commento, dimostra, ancora una volta, la fondamentale importanza della perizia Medico-legale di parte.

La valutazione corretta di procedibilità per responsabilità sanitaria è fondamentale ed eviterebbe, oltre a condanne esemplari in punto di spese processuali (oltre 30.000,00 euro), come quella qui evidenziata, inutile ingorgo dell’attività e dei tempi giudiziari.

Avv. Emanuela Foligno

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