Una sentenza della Corte di Cassazione ha fatto chiarezza riguardo alle notifiche in cancelleria e a quelle effettuate invece via pec

La questione delle notifiche in cancelleria è stata recentemente affrontata dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 30139/2017.
Per i giudici, infatti, le notifiche in cancelleria vanno fatte solo e soltanto se non è possibile effettuarle tramite posta certificata per cause imputabili al destinatario.
L’articolo 16-sexies del d.l. n. 179/2012, all’interno della giurisdizione civile e ad eccezione di quanto previsto per il giudizio di Cassazione, impone alle parti di notificare i propri atti presso l’indirizzo pec. Questo risulta dagli elenchi INIPEC o presso il ReGIndE.
In questo modo, tale norma limita la possibilità di eseguire le notifiche in cancelleria negli uffici giudiziari ai soli casi in cui sia impossibile procedervi a mezzo posta elettronica certificata.
Cosa che può essere accettata solo se il destinatario della notifica stessa non è abilitato a ricevere mail via pec.

Inoltre, la Corte di Cassazione ha precisato che una simile prescrizione prescinde dall’indicazione dell’indirizzo pec da parte del difensore.

Tuttavia, trova applicazione direttamente in conseguenza dell’indicazione nella normativa di legge degli elenchi e dei registri dai quali è dato attingere tale indirizzo.
Peraltro, è notorio che ogni legale ha l’obbligo di comunicare l’indirizzo di posta elettronica certificata al proprio ordine.
Così come ogni ordine ha l’obbligo di inserirlo sia nel registro INI PEC che nel ReGIndE.
Secondo gli Ermellini, dunque, si tratta di una previsione che “depotenzia la portata del domicilio fisico”. E, la cui eventuale inefficacia, non permette la notificazione in cancelleria.
Dall’altro lato, “svuota di efficacia prescrittiva anche l’art. 82 del r.d. n. 37 del 1934”, che assume rilievo solo in caso di mancata notificazione via p.e.c. imputabile al destinatario.
 
 
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