Il reato di omissione di soccorso richiede il necessario approfondimento, nel giudizio di merito, della effettiva percepibilità che aveva l’imputato circa le lesioni cagionate alla vittima

Omissione di soccorso e lesioni personali: questi i due reati ascritti all’uomo che dopo aver provocato un incidente stradale fuggiva senza prestare soccorso alla vittima…almeno secondo quest’ultima!

Dopo le due condanne di merito l’imputato ricorreva per Cassazione per denunciare l’assoluta estraneità ai fatti e, soprattutto, al reato di omissione di soccorso.

Ed infatti al momento dell’incidente non risultava che la persona offesa avesse subito lesioni personali. Solamente il giorno dopo quest’ultima si recava in pronto soccorso ove le veniva diagnosticata una distorsione e distrazione al collo.

Come avrebbe potuto l’imputato accorgersi che la vittima aveva riportato tali lesioni al momento del sinistro?

Ma non è tutto, perché dal verbale di constatazione amichevole, redatto subito dopo l’incidente, risultava che il conducente, responsabile del sinistro, avesse comunicato le proprie generalità.

Dove sono allora gli estremi dell’omissione di soccorso?

Ed infatti, i giudici della Cassazione hanno accolto il ricorso argomentando come di seguito:

Nella specie, oltre al delitto di lesioni colpose, è contestato l’art. 189 C.d.S., comma 7, che punisce il conducente che, a seguito di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite (mentre il precedente comma 6 punisce – con pena più mite – il conducente che, nelle stesse condizioni, non ottempera all’obbligo di fermarsi).
La distinzione è importante perché, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, implica una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella del reato di fuga, previsto dal comma 6 del predetto art. 189, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell’integrità fisica (Sez. 4, n. 23177 del 15/03/2016).

Ebbene, se anche fosse vero che l’imputato non si sia fermato in seguito all’incidente e si sia invece dato alla fuga (circostanza, peraltro, smentita dal verbale di constatazione amichevole), i giudici di merito avrebbero dovuto verificare la consapevolezza da parte di quest’ultimo, di avere verosimilmente cagionato lesioni ad alcuno degli occupanti dell’altro veicolo coinvolto nello scontro.

Tale accertamento non è stato eseguito e, pertanto, può applicarsi il seguente principio di diritto:

Non può porsi univocamente a carico dell’imputato il reato di omissione di soccorso senza un approfondimento della effettiva percepibilità delle lesioni cagionate alla vittima, ma sulla sola base della circostanza oggettiva delle lesioni successivamente diagnosticatele; a maggior ragione quando – come nel caso di specie – si tratti di lesioni che, per la loro tipologia e per la stessa condotta della persona offesa (recatasi in ospedale solo il giorno dopo) ben potevano non essere riconoscibili ictu oculi.

Non è, quindi, sufficiente ravvisare una posizione di garanzia in capo al conducente, alla cui condotta alla guida, il sinistro sia ricollegabile, occorrendo anche che egli abbia commesso il fatto nella consapevolezza di avere verosimilmente cagionato lesioni a persone coinvolte nell’incidente”.

Per tali ragioni, la sentenza impugnata è stata annullata con rinvio ad altra sezione della corte territoriale per un nuovo esame nel merito.

Dott.ssa Sabrina Caporale

 

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