Per la Cassazione l’interruzione del rapporto di lavoro è legittima in quanto il lavoratore è tenuto, anche al di fuori del contesto lavorativo, a non porre in essere comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario

Un lavoratore era stato licenziato dalla propria azienda dopo essere stato arrestato per possesso di droga e aver patteggiato la pena in sede di giudizio penale. Il dipendente, ritenendo illegittima l’interruzione del rapporto di lavoro, aveva agito in giudizio per ottenere l’annullamento del provvedimento ma sia il Tribunale che la Corte di Appello di Potenza avevano respinto le sue doglianze.
Di qui la decisione di rivolgersi alla Suprema Corte di Cassazione. In tale sede il ricorrente evidenziava come il Giudice di secondo grado avrebbe commesso un errore nel formulare la propria decisione “esclusivamente sulla sentenza di patteggiamento” per fatti che nulla avevano a che vedere con la sua condotta in ambito lavorativo.
La Corte d’appello, inoltre, non avrebbe, a suo dire, svolto in concreto alcuna indagine “sull’effettiva lesione del vincolo fiduciario della condotta contestata, considerato che il contratto collettivo di categoria non attribuisce automaticamente alcuna valenza in tal senso alla sentenza penale di condanna”. Non essendo stato accertato il venir meno del rapporto di fiducia tra lavoratore e datore, la sentenza di patteggiamento non costituiva, quindi, elemento sufficiente per giustificare il licenziamento.
Gli Ermellini, tuttavia, con la sentenza n. 8132/2017, hanno ritenuto di respingere il ricorso, in quanto infondato. Secondo i Giudici di Cassazione, infatti, “anche una condotta illecita, estranea all’esercizio delle mansioni del lavoratore subordinato, può avere un rilievo disciplinare, poiché il lavoratore è assoggettato non solo all’obbligo di rendere la prestazione, bensì anche all’obbligazione accessoria di tenere un comportamento extralavorativo che sia tale da non ledere né gli interessi morali e patrimoniali del datore di lavoro né la fiducia che, in diversa misura e in diversa forma, lega le parti del rapporto di durata”.
Se presenta caratteri di gravità – da valutare in relazione alla natura dell’attività svolta dall’impresa datrice di lavoro e all’attività in cui si inserisce la prestazione resa dal lavoratore subordinato –la condotta illecita può rappresentare giusta causa di licenziamento. Nel caso in esame, il possesso di sostanze stupefacenti, sia pure in ambito extralavorativo, è stato considerato tale in quanto “il lavoratore è tenuto a non porre in essere, fuori dall’ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario”.

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