Il Tribunale di Trieste ha ritenuto responsabile all’80% nella causazione del sinistro, il pedone imprudente che, non curante delle auto in circolazione, aveva attraversato la strada parlando al cellulare
La vicenda
Con atto di citazione innanzi al Giudice di pace di Trieste, l’attrice aveva convenuto il conducente e il proprietario del veicolo nonchè la compagnia assicurativa, al fine di sentirne dichiarare l’esclusiva responsabilità nella causazione del sinistro che l’aveva coinvolta ed ottenere il risarcimento di tutti i danni subiti.
L’esponente riferiva di essere stata investita dal veicolo condotto dal convenuto, mentre era in procinto si salire su un autobus, che quest’ultimo stava sorpassando sulla destra.
Ebbene, il Tribunale di Trieste ha preliminarmente evidenziato che, nelle ipotesi di investimento di un pedone, trova applicazione l’art. 2054, primo comma, che pone a carico del conducente l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Sul punto, la giurisprudenza è univoca nell’affermare che: “la prova liberatoria di cui all’art. 2054 c.c., nel caso di danni prodotti a persone o cose dalla circolazione di un veicolo, non deve essere necessariamente data in modo diretto cioè, dimostrando di avere tenuto un comportamento esente da colpa e perfettamente conforme alle regole del codice della strada, ma può risultare anche dall’accertamento che il comportamento della vittima sia stato il fattore causale esclusivo dell’evento dannoso, comunque non evitabile da parte del conducente, attese le concrete circostanze della circolazione e la conseguente impossibilità di attuare una qualche idonea manovra di emergenza”.
Il comportamento colposo del pedone
Alla stregua di questi criteri si è ritenuto in particolare che il pedone, il quale attraversi la strada di corsa sia pure sulle apposite “strisce pedonali” immettendosi nel flusso dei veicoli marcianti alla velocità imposta dalla legge, pone in essere un comportamento colposo che può costituire causa esclusiva del suo investimento da parte di un veicolo, ove il conducente, sul quale grava la presunzione di responsabilità di cui alla prima parte dell’art. 2054 c.c., dimostri che l’improvvisa ed imprevedibile comparsa del pedone sulla propria traiettoria di marcia, ha reso inevitabile l’evento dannoso, tenuto conto della breve distanza di avvistamento, insufficiente per operare un’idonea manovra di emergenza (Cass., 18.10.2001, n. 12751).
In quest’ottica è stato anche aggiunto che: “In materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone, la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione ricorrente allorchè il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicchè l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti”.
Tanto si verifica quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza” (Cass., Sez. 6-3, Ordinanza n.4551del 22/02/2017).
Pertanto, secondo la giurisprudenza ormai consolidata, nel caso di investimento di un pedone, può essere affermata la colpa esclusiva dello stesso, quando ricorrono le seguenti circostanze:
1) il conducente, per motivi estranei ad ogni diligenza sia venuto a trovarsi nella condizione obiettiva di non poter avvistare il pedone ed osservarne con tempestività i movimenti; 2) i movimenti siano stati così rapidi ed inaspettati da convergere all’improvviso in direzione della linea percorsa dal veicolo, in modo che il pedone venga a trovarsi a distanza così breve dal veicolo, da rendere inevitabile l’urto; 3) nessuna infrazione, benchè minima, sia addebitabile al conducente, avendosi, in caso contrario, soltanto una colpa concorrente del pedone.
Nel caso di specie, dal compendio probatorio era emerso che l’attrice, al fine di salire sull’autobus che, ad un suo cenno, era in procinto di arrestare la propria marcia oltre lo spazio dedicato alla fermata e alla sinistra della stessa, fosse scesa dal marciapiede ed avesse attraversato la strada ponendosi, in tal modo, sulla traiettoria dell’autovettura condotta dal convenuto, che procedeva lungo la propria corsia di marcia.
Ma v’è di più. Era altresì, emerso che l’autista per consentirle l’ingresso sul mezzo, aveva deciso di arrestare la propria marcia oltre la fermata e alla sinistra della stessa, a causa della presenza di alcuni veicoli in sosta. Ella, aveva perciò, iniziato a correre sul marciapiede onde raggiungere il mezzo e aveva attraversato la strada, parlando al cellulare e senza preventivamente guardare se stessero sopraggiungendo altri veicoli.
Dette circostanze erano state ampiamente comprovate dai verbali di ricezione di sommarie informazioni in atti, dalle testimonianze raccolte nel giudizio di primo grado, nonchè dell’interrogatorio formale reso dalla stessa dinanzi al Giudice di pace.
Ebbene, tali elementi avevano reso, incontrovertibile la connotazione colposa della condotta della vittima che, in disprezzo delle regole sulla circolazione stradale e di normale prudenza, si era immessa repentinamente sulla strada, parlando a telefono e senza neanche guardare se sopraggiungessero veicoli.
Ma per il giudice di secondo grado, neppure la condotta del convenuto era esente da responsabilità.
Ed invero, considerata la connotazione dei luoghi (presenza della fermata dell’autobus) e le circostanze di fatto che si erano venute creare (presenza dell’autobus in prossimità della fermata e di una pedone che correva sul marciapiede lungo la direzione seguita dal mezzo), quest’ultimo avrebbe dovuto prevedere, con un minimo sforzo di diligenza, un attraversamento della sede stradale da parte del pedone e, di conseguenza, avrebbe dovuto adottare una condotta più prudente e consona alla situazione concreta che si era a venuta a creare.
In altre parole, la condotta del pedone lasciava presagire la possibilità di un attraversamento che avrebbe consigliato una maggiore prudenza da parte dell’automobilista, che egli verosimilmente non aveva esercitato.
Per tali motivi, il Tribunale di Trieste lo ha ritenuto corresponsabile nella misura del 20% ed in tale misura lo ha condannato a risarcire i danni all’attrice.
La redazione giuridica
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