Il conducente di un ciclomotore che guidi senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata, non deve rispondere del reato di cui all’art. 73, D.Lgs. n. 159 del 2011, perché il suddetto veicolo non può essere ricondotto alla nozione di motoveicolo
La vicenda
L’imputato, già sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza, era stato sorpreso in altro comune alla guida di un ciclomotore, senza essere provvisto della patente necessaria per condurre tale mezzo, in quanto tale patente gli era stata revocata.
Ebbene sul tema, di recente è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione, la quale ha chiarito che “non integra gli estremi del reato di cui al D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73 la condotta del soggetto sottoposto, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale che conduca senza patente – o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata un ciclomotore, non potendo tale mezzo essere ricondotto alla categoria dei motoveicoli contemplata dalla suddetta norma” (Sez. 1 n. 6752 del 19/11/2018; Sez. 1, n. 49473 del 16/07/2018).
Tale principio è stato richiamato e condivo dai giudici della Prima Sezione Penale della Cassazione (n. 36648/2019) che si sono pronunciati sulla vicenda in esame.
La disposizione incriminatrice contestata sanziona con la pena dell’arresto da sei mesi a tre anni la condotta della persona sottoposta, con provvedimento definitivo, a una misura di prevenzione personale che sia sorpresa alla guida di “un autoveicolo o motoveicolo”, senza patente, o dopo che la patente sia stata negata, sospesa o revocata.
La nozione di “motoveicolo” riportata dall’art. 73 non è, tuttavia, tale che possa farsi rientrare in essa anche quella di “ciclomotore”, non autorizzando a tanto le norme definitorie di tali categorie estraibili dal Codice della strada.
Il D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 46, comma 1, C.d.S., come modificato dalla L. n. 120 del 2010, stabilisce che, ai fini delle norme del suddetto codice, si intendono per veicoli tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade, guidate dall’uomo. Poi, l’art. 47 D.Lgs. cit. classifica i veicoli elencando: a) veicoli a braccia; b) veicoli a trazione animale; c) velocipedi; d) slitte; e) ciclomotori; f) motoveicoli; g) autoveicoli; h) filoveicoli; i) rimorchi; I) macchine agricole; m) macchine operatrici; n) veicoli con caratteristiche atipiche: tale elencazione individua “ciclomotori” e “motoveicoli” come sotto categorie fra loro distinte.
L’art. 52 dello stesso D.Lgs., definisce i “ciclomotori” come “veicoli a motore a due o tre ruote”, contraddistinti da: a) motore di cilindrata non superiore a 50 c.c., se termico; b) capacità di sviluppare su strada orizzontale una velocità fino a 45 km/h”. L’art. 53 stesso D.Lgs., definisce i “motoveicoli” come “veicoli a motore, a due, tre o quattro ruote”, distinguendoli in varie sottocategorie, tra le quali è compresa quella dei “motocicli” (contigua a quella dei “ciclomotori”, in quanto l’unico tipo di “motoveicolo” a due ruote, ma distinta da essa), considerati come “veicoli a due ruote destinati al trasporto di persone, in numero non superiore a due, compreso il conducente” (lett. a).
Nessuna modifica sostanziale alle disposizioni indicate è stata apportata dalle integrazioni determinate dal D.M. Infrastrutture e Trasporti 31 gennaio 2003, art. 1, commi 2 e 3, (pubblicato nel Supplemento Ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 123 del 29 maggio 2003), emanato in recepimento della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 2002/24/CE del 18 marzo 2002, relativa all’omologazione dei veicoli a motore a due o tre ruote.
In modo corrispondente, le differenze fra le suddette categorie di veicoli hanno avuto il loro riflesso sulla disciplina dell’abilitazione alla guida, quanto meno fino al 19 gennaio 2013, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 59 del 2011, il cui art. 3 ha integralmente sostituito le disposizioni delineate dal D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 116.
La disciplina attuale
L’attuale disciplina, in vigore dal 19 gennaio 2013 per effetto del D.Lgs. n. 59 del 2011, art. 116, comma 1, stabilisce, mutando parzialmente la prospettiva rispetto alla situazione precedente, che non si possono guidare ciclomotori, motocicli, tricicli, quadricicli e autoveicoli senza aver conseguito la patente di guida e, ove richieste, le abilitazioni professionali.
In tal modo, diversamente dal regime previgente, per tutti i veicoli, compresi i ciclomotori, è previsto il conseguimento della patente di guida “conforme al modello UE” (art. 116, comma 3); allo stesso tempo, però, il legislatore ha conservato le distinzioni derivanti dalle differenti caratteristiche tecniche dei veicoli e dall’età dei conducenti, individuando diverse categorie di patenti abilitanti alla guida.
In particolare, mentre per i ciclomotori a due ruote (categoria L1e), con velocità massima di costruzione non superiore a 45 km/h, la cui cilindrata è inferiore o uguale a 50 cmc se a combustione interna, oppure la cui potenza nominale continua massima è inferiore o uguale a 4 kW per i motori elettrici, è prevista la patente “AM” (art. 116, comma 3, lett. a, n. 1); per i motocicli di cilindrata massima di 125 cmc, di potenza massima di 11 kW e con un rapporto potenza/peso non superiore a 0,1 kW/kg, è prevista la patente “Al” (art. 116, comma 3, lett. b, n. 1), per i motocicli di potenza non superiore a 35 kW con un rapporto potenza/peso non superiore a 0,2 kW/kg e che non siano derivati da una versione che sviluppa oltre il doppio della potenza massima, è prevista la patente “A2” (art. 116, comma 3, lett. c); e per i motocicli, ossia veicoli a due ruote, senza carrozzetta (categoria L3e) o con carrozzetta (categoria L4e), muniti di un motore con cilindrata superiore a 50 cmc, se a combustione interna e/o aventi una velocità massima per costruzione superiore a 45 km/h, è prevista la patente “A” (art. 116, comma 3, lett. d).
Alla stregua del richiamato quadro normativo, la Corte di Cassazione ha perciò ritenuto che il mero fatto dell’intervenuta previsione del conseguimento di una patente di guida anche per i conducenti di ciclomotori, con decorrenza dal 19 gennaio 2013 (quindi, vigente alla data di commissione del fatto ascritto a Z. ), non legittimi un’interpretazione in virtù della quale il soggetto che, sottoposto a misura di prevenzione in via definitiva, sia stato colto alla guida di tale mezzo senza patente, possa essere chiamato a rispondere del reato previsto dal D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 73, posto che esso non rientra comunque nella nozione di motoveicolo.
La Cassazione ha, pertanto, annullato senza rinvio la sentenza di condanna a carico dell’imputato perché il fatto non sussiste.
La redazione giuridica
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