Perdita di reddito personale derivante da sinistro stradale mortale: entrambi i gradi di merito respingono la domanda.

Perdita di reddito personale. La posta risarcitoria invocata è conseguente alla morte della figlia in un sinistro stradale, quale socia dell’impresa familiare di cui facevano parte madre e figlia: la singolare vicenda viene respinta dai Giudici di merito e posta all’attenzione della Suprema Corte (Cassazione Civile, Sez. VI, Sentenza n. 1111 pubblicata il 14/01/2022), che riconosce vizio motivazionale.

Perdita di reddito personale : La Corte d’Appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano, e rigettava la domanda risarcitoria avanzata nei confronti dell’Assicurazione e del responsabile civile avente ad oggetto l’ulteriore danno patrimoniale (indicato nella misura di Euro 100.000,00) subito dalla ricorrente.

La Corte d’Appello, per quello che qui rileva, rigettando la domanda ha confermato la sentenza di primo grado che ha ritenuto la domanda sfornita di prova.

Il ricorso per Cassazione è articolato su tre motivi, il primo attinente alla omessa considerazione della qualità di imprenditore della figlia deceduta, il secondo e terzo collegati alla omessa considerazione, anche nel valutare le prove per testi ritenute irrilevanti, del nesso causale tra fatto dedotto e danno, vale a dire, più precisamente, che il danno richiesto sarebbe collegato alla perdita di reddito personale derivata dal venir meno dell’apporto lavorativo della figlia nell’impresa di famiglia e non solo al fatto che detto apporto fosse indispensabile ai fini della prosecuzione dell’impresa familiare, danno parimenti dedotto.

La ricorrente lamenta che non si sarebbe considerato che l’art. 230 bis c.c. disciplina l’impresa familiare chiarendo, altresì, al comma IV,  che il diritto di partecipazione all’impresa familiare è intrasferibile per cui non si comprenderebbe come il giudice di appello abbia potuto ritenere fungibile il ruolo dell’imprenditore con quello di un qualsiasi lavoratore dipendente, soprattutto nell’ambito di una impresa familiare, caratterizzata come è noto, dalla presenza nell’azienda di persone legate da vincoli familiari e che hanno, quindi, una attitudine lavorativa assolutamente diversa in termini di impegno, dedizione e interesse personale.

La deceduta, figlia della ricorrente, non era una comune dipendente, ma socia al 49% della società di famiglia, che dava apporto con il suo lavoro al sostentamento della famiglia la quale, per le plurime competenze gestionali che aveva assunto all’interno dell’impresa, era da ritenersi insostituibile in quanto la società era cessata dopo l’evento luttuoso; che, pertanto nella sentenza vi sia un vizio motivazionale sul punto del rigetto delle prove per testi in quanto erroneamente ritenute irrilevanti sotto entrambi i profili.

Ebbene, la ricorrente ha chiesto la condanna al risarcimento del danno patrimoniale da perdita di reddito personale prodotto da attività di impresa, di cui la ricorrente era titolare della quota del 51% in conseguenza del decesso della sig.ra B.M. pari a Euro 553.282,29, oltre interessi e rivalutazione dalla data della domanda e sino al soddisfo.

La domanda proposta in Cassazione ricalca la causa petendi della prima dichiarata inammissibile in termini di lucro cessante (perdita di reddito), cui si sarebbe aggiunta anche quella collegata al danno emergente (perdita di continuità aziendale e chiusura definitiva dell’attività).

La circostanza che il Giudice abbia considerato solo una parte della domanda attorea, tesa a dimostrare il carattere indispensabile e insostituibile della socia d’opera e la conseguente perdita della continuità aziendale, ma non anche la perdita patrimoniale (lucro cessante) che è derivata all’altra socia in termini di mancato apporto di reddito nell’impresa familiare nell’immediato periodo post mortem, rende evidente il vizio motivazionale in cui è incorso il Giudice d’Appello sotto il profilo del vizio di “error facti”, con riferimento alla motivazione resa, essendo stato omesso un fatto nel qualificare i contorni della domanda.

Accolto tale motivo, esaminato in via pregiudiziale dagli Ermellini, il primo e il secondo motivo rimangono assorbiti perché diretti a criticare una sentenza che ha pronunciato sulla base di una interpretazione della domanda attinta da vizio di motivazione.

Il giudizio sulla rilevanza delle prove costituende, difatti, è stato svolto in relazione solo al danno da cessazione dell’attività d’impresa e non anche da perdita di reddito personale, ovvero contrazione reddituale in danno del socio di maggioranza, che è quello che è stato ugualmente chiesto e non considerato.

La sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

Sei stato coinvolto in un incidente stradale? hai subito un danno fisico o perso un congiunto e vuoi ottenere il massimo risarcimento danni? Clicca qui

Leggi anche:

Lesioni causate da omessa custodia della strada e nesso causale

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui