Il Giudice deve indicare adeguatamente i criteri utilizzati per addivenire all’adottata liquidazione del danno

Al fine di consentire il controllo di logicità, coerenza e congruità e di evitare che la valutazione risulti arbitraria, il giudice deve dare adeguatamente conto dei criteri posti a base del procedimento valutativo seguito per addivenire all’adottata liquidazione del danno, “indicando il parametro standard adottato, come sia esso individuato, quali siano i relativi criteri ispiratori e le modalità di calcolo; considerando, altresì, che lo stato di invalidità pregressa non può rilevare ove si tratti di danni risarcibili iure proprio ai congiunti, potendo condurre ad una riduzione del quantum, dei pregiudizi risarcibili iure successionis, sempre che il danneggiante fornisca la prova che la conseguenza dannosa dell’evento sia stata cagionata anche dal pregresso stato di invalidità.” In tali termini si è espressa la Terza sezione civile della Suprema Corte (Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 18284/21, depositata il 25 giugno 2021- Presidente Travaglino).

Altra interessante e impeccabile pronunzia del Presidente Travaglino.

L’attrice conveniva in giudizio l’Azienda Socio-Sanitaria per sentirla condannare al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale subito in conseguenza del decesso del fratello avvenuto dopo un intervento chirurgico a seguito di errato trattamento medico.

La vicenda deriva dal decesso del paziente sopraggiunto dopo 40 giorni dall’intervento di ischemia cerebrale e causato dal dosaggio profilattico, anziché dalla somministrazione di eparina.

Il primo Giudice accoglieva parzialmente la domanda dell’attrice, condannando l’Azienda Sanitaria.

L’attrice proponeva gravame e la Corte d’Appello confermava in toto la decisione di primo grado.

La ricorrente propone ricorso per cassazione con tre motivi di doglianza.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte di merito confermando, erroneamente, quanto affermato dal Giudice di prime cure, ha quantificato equitativamente il danno considerando anche il pregresso stato di salute del de cuius, eccependo che tale stato può rilevare ai fini della riduzione del quantum dei pregiudizi risarcibili ai congiunti iure successionis, ma non anche per i danni risarcibili iure proprio, ritenendo, poi, contraddittoriamente congrua la liquidazione operata dal Giudice di primo grado.

Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1223,1226 e 2056 c.c., eccependo la mancata indicazione dei criteri utilizzati per ravvisare equa la liquidazione del danno non patrimoniale operata dal giudice del Tribunale.

La Suprema Corte esamina congiuntamente i motivi di ricorso, ritenendoli fondati.

Gli Ermellini ribadiscono che la morte di un congiunto determina per i familiari superstiti un danno iure proprio di carattere patrimoniale e non patrimoniale derivante dal venir meno del godimento del rapporto personale col congiunto defunto.

In sostanza, viene ribadito quanto statuito nel 2019, ovverosia che l’evento morte determina la perdita di un sistema di vita basato sull’affettività e quotidianità dei rapporti; da tale perdita deriva al superstite un danno morale e biologico come tali risarcibili ove venga provata l’effettività e la consistenza della relazione e, in particolare, l’esistenza di rapporti costanti di reciproco affetto e solidarietà col familiare defunto, non essendo richiesta la convivenza.

Il danno non patrimoniale non può essere, in ogni caso, liquidato in termini puramente simbolici o irrisori ma deve essere congruo.

Conseguentemente, qualunque sia il sistema di quantificazione prescelto dal Giudice di merito, si deve trattare di un criterio idoneo a consentire di pervenire ad una valutazione equa, e che il Giudice dia adeguatamente conto in motivazione del processo logico seguito, indicando quanto assunto a base del procedimento valutativo adottato, al fine di consentire il controllo di relativa logicità, coerenza e congruità.

In assenza di tabelle determinate ad hoc, il Giudice ricorre a tabelle elaborate dai Tribunali, la cui utilizzazione è stata consacrata dalle Sezioni Unite nei limiti in cui, nell’avvalersene, il Giudice proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno non patrimoniale valutando nella loro effettiva consistenza, le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine di pervenire al ristoro del danno nella sua globalità.

La Corte d’Appello di Milano nella quantificazione del danno ha fatto riferimento al pregresso stato di salute del de cujus, arrivando a concludere “del tutto consona al caso di specie la liquidazione effettuata in base alle Tabelle di Milano dal primo giudice, ravvisando essere equa e giusta la “quantificazione in euro 40.000,00”.

Altresì, è stato tenuto in considerazione che il de cujus, non era di giovane età (anni 68 all’epoca del decesso) e la ricorrente di anni 65″, e che la vittima non coabitava più con la ricorrente da molti anni.

Tuttavia, la Corte d’appello di Milano non ha spiegato il mancato riconoscimento dell’incidenza dello stato di invalidità pregresso della vittima.

Al riguardo, viene ribadito che lo stato di invalidità pregresso non può riverberare in termini di riduzione del danno morale, in quanto le gravi affezioni di un congiunto intensificano, e non fanno diminuire, il legame emozionale dei parenti, come può anche presuntivamente desumersi anche dalla quantità e qualità di cure prodigate all’infermo.

Ed ancora, non sono state indicate le ragioni e i termini in cui i criteri “della non più giovane età del de cujus e della ricorrente, e la mancata convivenza tra i due, sono stati dalla Corte di merito ritenuti idonei a rendere equa e giusta una valutazione del danno effettuata sulla base di presupposti almeno in parte erronei, essendosi la corte limitata a evocare le suddette circostanze senza dare debitamente conto dell’iter logico-giuridico seguito.

La convivenza nulla ha a che vedere con l’intenso, o meno, legame affettivo.

Per tali ragioni, assorbito il terzo motivo, la sentenza impugnata viene cassata e rinviata alla Corte d’Appello di Milano in diversa composizione, affinchè vengano applicati i principi esposti.

Avv. Emanuela Foligno

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