Il Consiglio di Stato fa il punto in merito al porto d’armi per difesa personale e con una sentenza lo nega, per difesa personale, a un agente assicurativo

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2417/2016, si è occupato di porto d’armi e difesa personale.

In particolare, i giudici hanno ricordato che il porto d’armi per difesa personale richiesto da un agente assicurativo non può essere concesso.

Ciò in quanto lo svolgimento di una determinata attività lavorativa non giustifica di per sé il rilascio del porto d’armi.

Infatti, devono sussistere effettive ragioni che giustifichino il possesso dell’arma.

La vicenda

Nel caso di specie preso in esame dal Consiglio di Stato, un agente assicuratore per difesa personale aveva chiesto al Prefetto di Lecce il rinnovo del porto d’armi.

L’agente, in particolare, aveva giustificato la propria richiesta sulla base della necessità di “difendersi da possibili aggressioni durante il trasporto di ingenti quantitativi di denaro presso istituti bancari”.

Il Prefetto, tuttavia, aveva rigettato la domanda.

A suo avviso, le motivazioni poste alla base della domanda di rinnovo – difesa personale – non facevano emergere la necessità del possesso di un’arma.

Ciò in quanto il pericolo di aggressioni poteva essere evitato facendo a meno di trasportare materialmente il denaro presso le banche e utilizzando mezzi di pagamento a distanza (come, ad esempio, i bonifici bancari).

L’agente assicurativo ha impugnato il provvedimento del Prefetto e il TAR, che si era pronunciato nel primo grado di giudizio, aveva accolto il ricorso, annullando l’atto impugnato.

Il Ministero dell’Interno, ritenendo la decisione ingiusta ha fatto appello al Consiglio di Stato, nella speranza di ottenere la riforma della sentenza di primo grado.

Questo ha accolto il ricorso ritenendolo fondato.

Osservava il Consiglio di Stato, infatti, che il Testo Unico in materia di porto d’armi (T.U. n. 773 del 1931) è stato emanato allo scopo di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica.

Inoltre, si rammenta che la concessione del porto d’armi è un’eccezione rispetto al più generale divieto di detenere armi, stabilito dall’art. 699 cod. pen. e dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975.

Secondo il Consiglio di Stato, quindi, il Prefetto può valutare se rilasciare o meno il porto d’armi, tenendo conto di vari fattori.

Non solo. Il Prefetto è tenuto a valutare in maniera rigorosa se rilasciare il porto d’armi, “tenendo conto della esigenza di evitare la diffusione delle armi”, soprattutto casi in cui ci si trovi in un luogo in cui è difficile la gestione dell’ordine pubblico.

Infine, il Consiglio di Stato ricorda che l’appartenenza del soggetto richiedente ad una determinata categoria lavorativa non giustifica di per sé il rilascio della licenza. Nemmeno per difesa personale.

Nel caso in esame, secondo il Consiglio di Stato, il Prefetto aveva adeguatamente motivato la propria decisione di non rinnovare il porto d’armi, non avendo rilevato la sussistenza di adeguate ragioni giustificative.

Pertanto, a detta del Consiglio di Stato, il TAR aveva sbagliato nell’annullare il relativo provvedimento prefettizio.

Sulla base di tali considerazioni, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso proposto dal Ministero dell’Interno, confermando integralmente il provvedimento con il quale il Prefetto aveva rigettato la richiesta di rinnovo del porto d’armi da parte dell’agente assicurativo.

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