Si discute in ordine alla violazione, da parte della banca, dei propri doveri di diligenza per non aver verificato la corrispondenza del prenditore con il titolare del conto corrente e della firma con quella dello specimen

In realtà ferma restando tale violazione i giudici hanno scoperto il tentativo di truffa dei due soggetti coinvolti, ai danni della banca.

La vicenda

La vicenda trae origine dal ricorso formulato da un correntista nei confronti della propria banca per sentirla condannare al risarcimento dei danni causati dall’indebito prelevamento della somma di lire 10.000.000 (dieci milioni) dal conto corrente a lui intestato, effettuato con assegno interno da parte dell’omonimo nonno, soggetto non legittimato, che si era presentato come titolare del conto.
In primo grado l’istanza era stata rigettata. L’adito giudice aveva infatti accertato che, pur essendo la banca venuta meno ai propri doveri quanto alla verifica della corrispondenza dell’accipiens con il titolare del conto e della corrispondenza della firma del medesimo con lo specimen di firma del correntista, era stata in realtà, vittima di un tentativo di truffa da parte di nonno e nipote.
La stessa decisione fu confermata anche in appello. Con sentenza del gennaio 2014, la corte d’appello di Perugia osservò, a conferma della motivazione del Tribunale, che sussistevano due indizi gravi, precisi e concordanti di un accordo fraudolento tra i due omonimi a danno della banca: l’iniziale negazione della conoscenza dell’autore del prelievo da parte del correntista e la conoscenza del numero del conto del nipote da parte del nonno, che lasciava anche presumere il mendacio del primo anche laddove aveva dichiarato di non avere più rapporti con il nonno.

La decisione

Sulla vicenda si sono pronunciati, infine, i giudici della Cassazione, che hanno confermato la decisione impugnata in quanto coerente e immune da vizi.
Ed invero, il Tribunale – e con esso il giudice d’appello confermando la sua decisione – aveva dato atto della violazione dei propri doveri da parte della banca, ma aveva considerato tale circostanza assorbita dal dolo del cliente e dell’omonimo nonno, argomentando in ordine al previo accordo fraudolento intercorso tra il prenditore dell’assegno e l’effettivo titolare del conto corrente, fondato proprio sull’omonimia dei due soggetti.

La redazione giuridica

 
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