Prevaricazioni e umiliazioni al coniuge (Cass. pen., sez. VI, dep. 20 luglio 2022, n. 28623).
Prevaricazioni, umiliazioni e isolamento nei confronti della moglie sono costati all’uomo la condanna penale.
Con sentenza del 14/09/2020 la Corte di Appello di Messina, in parziale riforma di quella del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto in data 17/06/2019, ha ritenuto assorbito il delitto di violenza privata continuata di cui al capo D) in quello di maltrattamenti di cui al capo A) e rideterminato la pena irrogata all’uomo per tale delitto e per quello di cui all’art. 574 bis c.p.
L’imputato propone ricorso in Cassazione.
Segnala che a carico dei due testi ascoltati era stata disposta la trasmissione degli atti al Pubblico ministero all’esito di separato, precedente giudizio per violenza sessuale, accusa dalla quale il ricorrente era stato assolto.
Contesta la motivazione fornita dalla Corte territoriale e richiama l’orientamento giurisprudenziale in forza del quale sono inutilizzabili le dichiarazioni non precedute dall’avvertimento della facoltà di non rispondere.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 572 c.p..
La Corte ha inteso ribadire le valutazioni del Tribunale in ordine alla sostanziale attendibilità della persona offesa, valorizzata al fine di ritenere provate le condotte di maltrattamento, anche alla luce di taluni riscontri.
Il Tribunale aveva specificamente sottolineato come le criticità riferibili ad un episodio di lesioni e a due episodi di procurato aborto, dai quali l’imputato era stato assolto, non inficiassero la complessiva credibilità della persona offesa e la concreta configurabilità del delitto di maltrattamenti, avuto riguardo al principio della frazionabilità della prova, in assenza di interferenze tra le diverse parti del narrato.
Sia nella sentenza di primo grado, sia nella sentenza impugnata, è stata sottolineata la credibilità della persona offesa, in relazione al complesso del suo racconto, così come articolato a conferma delle condotte maltrattanti subite dalla stessa.
Si tratta di un giudizio di merito tutt’altro che illogico o viziato da profili di contraddittorietà, che non si espone alle doglianze del ricorrente, che lamenta genericamente il mancato riferimento a parti del narrato nelle quali si sarebbe manifestata l’inattendibilità della teste.
Ad ogni modo, le condotte maltrattanti non sono state riferite solo ad episodi violenti, ma più in generale ad un regime di vita caratterizzato da prevaricazioni, umiliazioni e vessazioni cui la persona offesa era stata sottoposta dal ricorrente, con -in particolare- prevaricazioni rivolte ad isolarla dal contesto sociale e lavorativo e ad imporle regole non condivise, come l’uso del velo, il divieto di determinati alimenti e dell’uso di elettrodomestici, o a precluderle la gestione del denaro, fino alla privazione del rapporto col figlio minore.
In tale quadro non corrisponde al vero che, una volta esclusi gli episodi dai quali l’imputato era stato assolto, non rimanesse nulla dell’originaria contestazione, in quanto i Giudici di merito, al contrario, hanno ampiamente dato conto delle privazioni e prevaricazioni subite dalla persona offesa, peraltro vittima anche di condotte violente, al di là dell’assoluzione dell’imputato da un episodio riferito all’uso di un coltello.
Non può dirsi illogica, o frutto di travisamento della prova, la valorizzazione delle dichiarazioni rese da alcuni testi, come la madre o la sorella o la zia della persona offesa, che hanno in varia guisa confermato il regime di vita cui costei era sottoposta, ricordando lividi e graffi sul corpo della donna, o il fatto che il ricorrente le avesse impedito di accettare un impiego lavorativo o di avere diretta disponibilità di denaro.
Confermata, pertanto, la condanna dell’uomo per i comportamenti aggressivi, violenti e le prevaricazioni tenute tra le mura domestiche nei confronti della moglie.
In conclusione, il ricorso viene rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il ricorrente viene altresì condannato a rifondere allo Stato le spese di rappresentanza e difesa sostenute nel giudizio dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di Appello di Messina.
Avv. Emanuela Foligno