Non è incostituzionale la norma che esclude la procedibilità a querela per i delitti di lesioni personali stradali gravi o gravissime

La vicenda

Con ordinanza dell’8 ottobre 2018, il Tribunale ordinario di La Spezia, sezione penale, aveva sollevato, in riferimento all’art. 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale del decreto legislativo 10 aprile 2018, n. 36, nella parte in cui non prevede la procedibilità a querela anche per i delitti previsti dall’art. 590-bis, primo comma, del codice penale, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 1, comma 16, lettera a), della legge 23 giugno 2017, n. 103 (Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario).

La questione era sorta nell’ambito di un procedimento penale a carico di una donna, accusata del reato di lesioni personali stradali gravi o gravissime, di cui all’art. 590-bis, primo e ottavo comma, cod. pen., per avere, alla guida della propria autovettura, omesso di concedere la precedenza a un motociclo, in violazione dell’art. 145, commi 4 e 10, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), così cagionando al conducente e al passeggero di quest’ultimo, lesioni personali gravi.

Dagli atti processuali era emersa inequivocabilmente la responsabilità colposa dell’imputata; le vittime del sinistro, tuttavia, non avevano sporto querela.

Ebbene, il giudice remittente, aveva osservato che, con riferimento al conducente del motociclo, la contenuta durata della malattia (inferiore a venti giorni) avrebbe imposto la riqualificazione del fatto di reato nell’ipotesi di cui all’art. 590 cod. pen. (lesioni personali colpose), con conseguente pronuncia, nei confronti dell’imputata, di sentenza di non doversi procedere per difetto di querela della vittima. Diversamente, in relazione all’altra persona offesa, essendo la malattia di quest’ultima durata settanta giorni, il reato configurato sarebbe stato quello di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., perseguibile d’ufficio; di talché, sussistendo la responsabilità dell’imputata, il processo avrebbe dovuto concludersi necessariamente con una sentenza di condanna. Un esito diverso si sarebbe ottenuto solo ove il reato di cui all’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. fosse stato punibile a querela, che, nella specie, non era stata presentata.

Secondo il rimettente, il legislatore delegato avrebbe errato nel non prevedere, nell’ambito del d.lgs. n 36 del 2018, la punibilità a querela per il delitto di cui all’art. 590-bis cod. pen., rubricato «Lesioni personali stradali gravi o gravissime», ove non sussistano le circostanze aggravanti di cui ai commi secondo e seguenti.

La legge delega

L’art. 1, comma 16, lettera a), della legge n. 103 del 2017 aveva delegato il Governo a «prevedere la procedibilità a querela per i reati contro la persona puniti con la sola pena edittale pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, fatta eccezione per il delitto di cui all’art. 610 del codice penale, e per i reati contro il patrimonio previsti dal codice penale, salva in ogni caso la procedibilità d’ufficio quando ricorra una delle seguenti condizioni: 1) la persona offesa sia incapace per età o per infermità; 2) ricorrano circostanze aggravanti ad effetto speciale ovvero le circostanze indicate nell’articolo 339 del codice penale; 3) nei reati contro il patrimonio, il danno arrecato alla persona offesa sia di rilevante gravità».

L’art. 590-bis, primo comma, cod. pen. configura un reato contro la persona, punito con la reclusione da tre mesi a un anno laddove il colpevole abbia cagionato lesioni gravi alla persona offesa, e con la reclusione da uno a tre anni laddove le abbia cagionato lesioni gravissime.

In entrambe le ipotesi, dunque, la pena detentiva massima non supera nel massimo i quattro anni.

Ad avviso del giudice a quo, il Governo avrebbe pertanto dovuto estendere anche alla fattispecie delittuosa in questione la punibilità a querela, non trovando in tal caso applicazione nessuna delle deroghe previste dalla legge delega al criterio generale basato sulla durata della pena detentiva massima, e in particolare l’eccezione di cui al numero 1) della disposizione citata, relativa alle ipotesi in cui «la persona offesa sia incapace per età o per infermità».

La Consulta, prima di affrontare la questione ha rilevato che il giudice rimettente non ha lamentato un mancato esercizio della delega da parte del legislatore, né un suo parziale esercizio, quanto piuttosto, la non corretta osservanza di uno specifico criterio di delega.

Il compito del Giudice delle Leggi è stato, dunque, quello di valutare se l’Esecutivo, nell’esercitare in parte qua la delega conferitagli dal Parlamento, abbia o meno errato nel dare applicazione ai principi e ai criteri direttivi il cui rispetto condiziona, in forza dell’art. 76 Cost., la legittimità costituzionale del decreto legislativo.

Ebbene, ciò premesso, la questione non è stata ritenuta fondata.

La scelta di non includere tra i delitti procedibili a querela delle fattispecie di lesioni stradali gravi e gravissime sarebbe stata giustificata dal fatto che nel sistema del codice penale la malattia è già equiparata alla «incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni», come reso palese dal disposto dell’art. 583, primo comma, numero 1), cod. pen., relativo alle aggravanti al delitto di lesioni.

Il delitto di lesioni «si connota, quindi, per l’evento, che ben può consistere in uno stato di incapacità». L’assimilazione della malattia allo stato di incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni, per effetto della previsione di cui all’art. 583, primo comma, cod. pen., non potrebbe che valere anche per l’ipotesi delittuosa di cui all’art. 590-bis cod. pen., «nella misura in cui la gravità delle lesioni si ricava per relationem, mediante il rinvio all’art. 583 c.p.».

La Commissione giustizia della Camera dei deputati, nel formulare il 6 dicembre 2017 il proprio parere favorevole con condizioni allo schema di decreto legislativo, aveva espresso sul punto il proprio dissenso, richiedendo che la procedibilità a querela fosse estesa anche alle fattispecie delittuose in questione.

Il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri

Tuttavia, lo schema di decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri dell’8 febbraio 2018 non ha accolto la condizione espressa dalla Commissione sulla base di una interpretazione letterale dell’espressione «sia incapace» utilizzata dal legislatore che alluderebbe a una condizione di incapacità della persona offesa preesistente alla condotta criminosa, e non già a una situazione creata dalla condotta criminosa stessa, come avviene nel caso delle lesioni personali.

A fronte di ciò, la Consulta ha anche sottolineato come la formula normativa utilizzata dal legislatore delegante sia in radice ambigua, non risultando chiaro se essa debba essere riferita alla necessaria presenza, nello schema della fattispecie delittuosa, di una persona offesa incapace per età o per infermità – come accade, ad esempio, nelle ipotesi di corruzione di minorenne (art. 609-quinquies cod. pen.) o di circonvenzione di incapaci (art. 643 cod. pen.), peraltro punite con pena detentiva massima superiore a quattro anni e quindi già a priori non comprese nella delega –, ovvero all’ipotesi in cui, nel singolo caso concreto, la persona offesa attinta dalla condotta criminosa sia incapace, magari proprio per effetto dello stesso evento criminoso.

È evidente, peraltro, – ha aggiunto la Corte – come la ratio dell’eccezione in parola miri a confermare la regola della procedibilità d’ufficio per le ipotesi in cui la persona offesa sia una persona vulnerabile a causa della propria incapacità, in modo da assicurare che la tutela dell’ordinamento non venga fatta dipendere dalla sua iniziativa giudiziaria: iniziativa il cui esercizio, eventualmente tramite un rappresentante legale o un curatore speciale – la cui esistenza e la cui nomina non può, peraltro, essere data in questi casi per scontata – potrebbe risultare più difficoltoso di quanto normalmente accada rispetto alla generalità delle persone offese.

Ciò posto, era in facoltà del Governo ritenere che una tale esigenza di tutela rafforzata ricorresse anche rispetto al delitto di lesioni stradali gravi o gravissime previsto dall’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., che è produttivo di notevoli conseguenze pregiudizievoli per la salute della vittima, le quali a loro volta possono determinare una situazione di incapacità, transitoria o permanente, tale da renderle più difficoltosa una eventuale iniziativa giudiziaria volta a sollecitare la persecuzione penale del responsabile delle lesioni.

Legittima l’esclusione della procedibilità a querela per le lesioni stradali gravi o gravissime

“D’altra parte, la previsione della procedibilità a querela delle ipotesi delittuose contemplate dall’art. 590-bis, primo comma, cod. pen., si sarebbe posta in aperta contraddizione con la scelta, compiuta appena due anni prima dal Parlamento con la legge 23 marzo 2016, n. 41 (Introduzione del reato di omicidio stradale e del reato di lesioni personali stradali, nonché disposizioni di coordinamento al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e al decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274), di prevedere la procedibilità d’ufficio di tutte le fattispecie di lesioni stradali di cui all’art. 590-bis cod. pen., in considerazione del particolare allarme sociale determinato dalle condotte che con la nuova incriminazione si intendevano contrastare; mentre, all’evidenza, la scelta del legislatore delegante appariva volta a prevedere la procedibilità a querela per fatti di modesto contenuto offensivo, come emerge del resto dall’espressa previsione, al numero 3) dell’art. 1, comma 16, lettera a), della legge delega, di un’eccezione alla regola della procedibilità a querela per i reati contro il patrimonio produttivi di un danno alla persona offesa di rilevante gravità”.

In conclusione, la Corte Costituzionale (sentenza n. 223/2019) ha dichiarato non fondata la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di La Spezia, ritenendo che il Governo non abbia travalicato i fisiologici margini di discrezionalità impliciti in qualsiasi legge delega, nell’adottare una interpretazione “non implausibile – e non distonica rispetto alla ratio di tutela sottesa alle indicazioni del legislatore delegante”.

La redazione giuridica

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