Respinta la pretesa di ristoro dei candidati non risultati vincitori di una procedura concorsuale la cui graduatoria era stata annullata dal TAR

Alcuni partecipanti non vincitori a una procedura concorsuale avevano agito per ottenere il risarcimento del danno che avrebbero subito in conseguenza delle condotte tenute dalla Regione, volte a non dare esecuzione alla sentenza del Tar di annullamento della graduatoria, così da mantenere a coloro che erano risultati vincitori i benefici loro derivanti da concorso annullato ed essere immessi nelle funzioni.

L’istanza era stata respinta sia in primo grado che in appello. La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno in misura corrispondente alle retribuzioni che i ricorrenti avrebbero potuto percepire, avrebbe richiesto la prova – non fornita- che gli stessi avrebbero con sicurezza vinto il concorso. Invece, non erano stati neppure allegati  gli elementi che il diritto vivente pone a base del risarcimento da perdita di chance, ovvero idonei a dimostrare la concreta possibilità che essi avrebbero superato il concorso.

Nell’impugnare la decisione davanti alla Suprema Corte i ricorrenti eccepivano che il Giudice di secondo grado avrebbe errato nel ritenere non fornita la prova che essi sarebbero risultati vincitori del concorso ove lo stesso avesse avuto regolare svolgimento, omettendo di comparare il dato aritmetico per cui alla selezione avevano partecipato 74 candidati per 41 posti, con la conseguenza che la probabilità di esito positivo per i concorrenti era superiore alla metà. Il Collegio distrettuale, inoltre, sarebbe incorso in errore rigettando il danno da perdita di chance nonostante fossero state fornite tutte le allegazioni elaborate dalla giurisprudenza, ossia la prova della rilevante probabilità di vincere, e non ammettendo le istanze istruttorie volte alla prova dei pregiudizi subiti.

La Cassazione, tuttavia, con l’ordinanza n. 9085/2020, ha ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte.

Per gli Ermellini, infatti, la gravata sentenza aveva dato conto , concordando con la valutazione svolta dal giudice di primo grado, che tutti gli elementi allegati dai ricorrenti e dei quali essi volevano fornire la prova o che comunque emergevano documentalmente e della cui omessa valutazione i ricorrenti si dolevano, configurassero un quadro dal quale non scaturivano i diritti risarcitori dedotti in giudizio.

Nello specifico – hanno osservato dal Palazzaccio – “non scaturisce il diritto al risarcimento del danno patrimoniale equivalente alle retribuzioni che gli attori, ove vincitori, avrebbero potuto percepire, poiché essi non sono in grado di fornire la prova che sarebbero risultati certamente vincitori”. Quanto invece  al danno da cosiddetta perdita di chance, “manca una valutazione comparativa tra candidati idonea a soddisfare i principi giurisprudenziali elaborati riguardo (ossia gli elementi atti a dimostrare, seppure in modo presuntivo, e sulla base di un calcolo delle probabilità, la possibilità che essi avrebbero avuto di vittoria del concorso, che non può derivare dal calcolo matematico tra numero dei concorrenti e i posti da assegnare, dovendo essere comparati titoli e requisiti posseduti dai candidati)”.

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