Recidiva: conta il modus vivendi e la storia personale dell’imputato

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Il rischio di recidiva dell’imputato deve essere valutato alla luce del suo modus vivendi, ossia della sua storia personale, del contesto in cui vive e della natura dei reati

Cosa vuol dire essere propensi al reato? E quando scatta il pericolo di recidiva?

La Corte di Cassazione con una recente sentenza n. 55231/2018, ha fornito alcuni chiarimenti interessanti.

Il caso

L’imputato era stato sottoposto a procedimento penale perché accusato dei reati di associazione a delinquere ed estorsione e, pertanto sottoposto alla misura degli arresti domiciliari.

Con ricorso presentato dal proprio difensore, veniva impugnata l’ordinanza di custodia cautelare, posto che a detta del ricorrente – il giudice avrebbe mal interpretato l’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza a suo carico, con particolare riferimento alla prognosi sul rischio di recidiva.

La difesa aveva invocato un principio di diritto secondo il quale “per ritenere attuale il pericolo concreto di reiterazione del reato, non è più sufficiente ipotizzare che la persona sottoposta alle indagini/imputata, presentandosene l’occasione, sicuramente (o con elevato grado di probabilità) continuerà a delinquere e/o a commettere i gravi reati, ma è necessario ipotizzare anche la certezza o comunque l’elevata probabilità che l’occasione del delitto si verificherà”.

Dunque ai fini di riconoscere la recidiva il giudice dovrebbe ragionare in questo senso: “siccome è certo o comunque altamente probabile che si presenterà l’occasione del delitto, altrettanto certamente o comunque con elevato grado di probabilità la persona sottoposta alle indagini/imputata tornerà a delinquere” e non invece: “se si presenta l’occasione sicuramente o molto probabilmente, la persona sottoposta alle indagini reitererà il delitto”.

Ciò significa che per ritenersi esistente il pericolo di recidiva, è necessario che “il soggetto abbia occasioni di ricaduta nell’illecito penale non solo effettive (e non solo ipotetiche), ma altresì di vicina, seppure non imminente, probabilità di verificazione” (Cass. Sez. V, N. 31090/2017).

Il parere della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha censurato il ricorso così come formulato dal difensore dell’imputato. Sebbene il principio di diritto richiamato è astrattamente valido; nel caso in esame non poteva trovare applicazione.

La vicenda concerneva infatti, l’attività di estorsione che il ricorrente poneva in essere, in modo periodico e continuativo ai danni di diverse persone, tramite la cd. “guardiania” ossia il servizio di protezione a favore dei proprietari terrieri, di fatto, imposto per evitare danneggiamenti e furti”.

Com’è possibile immaginare non mancavano certo le persone (ossia i proprietari terrieri), possibili vittime dei suoi reati. Bastava soltanto individuarli per poi colpire.

Ne deriva che per poter stabilire se vi sia o meno il rischio di recidiva, quello che conta non è rievocare principi di diritto astratto, quanto piuttosto valutare la storia personale dell’indagato/imputato, la natura dei suoi reati e il suo cd. modus vivendi (Cass. 33004/2017; Cass. 53645/2016).

 

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