La residenza abituale è il luogo dove il minore trova e riconosce, anche grazie a una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione.

Con la sentenza n. 3555/2017, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti importanti sul tema della scelta della residenza abituale del minore in caso di separazione.

Come ricordano i giudici, òa riforma del diritto di famiglia e della disciplina della filiazione, introdotta con la legge n. 219/2012 e dal D.lvo n. 154/2013 ha istituzionalizzato un principio importante.

Quello cioè secondo cui la scelta della residenza abituale dei figli minori deve essere assunta dai genitori in modo condiviso.

Questo deve però avvenire anche in presenza di affido monogenitoriale.

La sola eccezione ammessa è quella in cui il Tribunale abbia disposto l’affidamento esclusivo in capo ad un solo genitore. Laddove però un accordo non venga raggiunto, la scelta va rimessa al giudice.

Sarà lui a dover valutare tenendo conto esclusivamente del superiore interesse del minore a una crescita armonica e sana. Crescita nella quale venga obbligatoriamente garantito il concreto diritto alla bigenitorialità.

Quanto alla residenza abituale, essa viene definita come il luogo nel quale “il minore trova e riconosce, anche grazie a una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della sua vita di relazione”.

Ed è proprio questo il principio cui si sono ispirati i giudici della Corte di Cassazione, la quale, anche in passato si era espressa sulla residenza abituale del minore.

In quell’occasione, la aveva definita come il luogo del concreto e continuativo svolgimento della vita personale, non il luogo risultante da un mero calcolo aritmetico dei periodi ivi trascorsi dal minore stesso.

Molto interessante – su tale argomento – risulta essere l’approfondimento dell’Avv. Sabrina Caporale alla cui lettura vi rimandiamo.

 

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