I dati diffusi dall’Istituto superiore della sanità evidenziano un trend in leggero calo, ma il nostro Paese continua a detenere il triste primato nel vecchio continente della mortalità per resistenza agli antibiotici

In Italia, nel 2018, le percentuali di resistenza agli antibiotici si mantengono più alte rispetto alla media europea, pur nell’ambito di un trend in calo rispetto agli anni precedenti. Inoltre, gli oltre 2.000 casi diagnosticati nel 2018 – anche questo un dato costante – di infezioni nel sangue causate da enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE), ovvero di enzimi che distruggono i carbapenemi (una classe di antibiotici ad ampio spettro) evidenziano la larga diffusione nel nostro Paese di tali batteriemie.

Sono questi i dati aggiornati della Sorveglianza Nazionale dell’antibiotico-resistenza (AR-ISS) e della Sorveglianza delle CPE, coordinate entrambe dall’Istituto Superiore di Sanità, e relativi a otto patogeni sotto sorveglianza (Staphylococcus aureus, Streptococcus pneumoniae, Enterococcus faecalis, Enterococcus faecium, Escherichia coli, Klebsiella pneumoniae, Pseudomonas aeruginosa e Acinetobacter species).

“Purtroppo – dichiara Annalisa Pantosti, Responsabile della Sorveglianza AR-ISS – il nostro Paese detiene il triste primato, nel contesto europeo, della mortalità per antibiotico-resistenza Infatti, dei 33.000 decessi che avvengono in Europa ogni anno per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, oltre 10.000 succedono in Italia”.

“Gli ultimi dati disponibili – continua l’esperta – mostrano che i livelli di resistenza agli antibiotici e di multi-resistenza delle specie batteriche sotto sorveglianza sono ancora molto alti, nonostante gli sforzi notevoli messi in campo finora, come la promozione di un uso appropriato degli antibiotici e di interventi per il controllo delle infezioni nelle strutture di assistenza sanitaria. In questo contesto, il ‘Piano Nazionale di Contrasto dell’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) 2017-2020’, rappresenta un’occasione per migliorare e rendere più incisive le attività di contrasto del fenomeno a livello nazionale, regionale e locale”.

Entrando nel dettaglio, le percentuali di resistenza alle cefalosporine di terza generazione (29%) e ai fluorochinoloni (42%) in Escherichia coli si sono confermate di gran lunga maggiori rispetto alla media europea, anche se in leggero calo rispetto agli ultimi anni.

Si è osservata una diminuzione significativa nella percentuale di isolati di Klebsiella pneumoniae resistenti ai carbapenemi, che sono passati dal 37% nel 2016 al 30% nel 2018, mentre per E. coli, anche se il valore si è confermato molto basso (0,6%), è risultato in leggero aumento rispetto agli anni precedenti. La resistenza ai carbapenemi è risultata frequente, anche se in diminuzione, nelle specie Pseudomonas aeruginosa (16%) e Acinetobacter (82%).

Per Staphylococcus aureus, la percentuale di isolati resistenti alla meticillina (MRSA) si è mantenuta stabile intorno al 34%, mentre incrementi significativi si sono riscontrati nella percentuale di isolati di Enterococcus faecium resistenti alla vancomicina, passata dal 6% nel 2012 al 19% nel 2018. Per Streptococcus pneumoniae si è osservata una tendenza alla diminuzione sia per la percentuale di isolati resistenti alla penicillina che per quelli resistenti all’eritromicina.

Secondo i dati della Sorveglianza Nazionale dedicata alle batteriemie causate da Enterobatteri produttori di carbapenemasi (CPE), gli oltre 2.000 casi diagnosticati e segnalati nel 2018 evidenziano la larga diffusione in Italia delle CPE, soprattutto in pazienti ospedalizzati.

In particolare, nel periodo 2016-2018, l’incidenza dei casi segnalati è costante. L’Italia centrale risulta l’area con maggiore incidenza di casi segnalati ed è l’unica ad aver mostrato un aumento del tasso di incidenza rispetto al 2017: 4,4 casi su 100.000 residenti (nel 2017 erano 3,8 su 100.000), seguita dal Sud e dalle Isole (3,1 su 100.000 residenti) e dal Nord (2,8 su 100.000 residenti). Nel Centro, la Regione con la più alta incidenza è il Lazio (5,9 su 100.000 residenti), nel Sud e Isole la Puglia (6 su 100.000 residenti) e nel Nord l’Emilia-Romagna (5,2 su 100.000 residenti).

I soggetti maggiormente coinvolti sono maschi (65,2%), in una fascia di età compresa tra 60 e 79 anni (48,5%), ospedalizzati (86,1%) e, tra questi, la maggioranza si trova nei reparti di terapia intensiva (38,3%). Il patogeno maggiormente diffuso è Klebsiella pneumoniae (97,7%) con enzima KPC (Klebsiella pneumoniae carbapenemasi); a fine 2018, si osserva però un aumento di altri enzimi, in particolare NDM (New Delhi metallo beta lattamasi).

Hanno partecipato alla Sorveglianza Nazionale AR-ISS 98 laboratori distribuiti su tutto il territorio nazionale (erano 55 nel 2017).

Rispetto all’anno precedente è aumentata la copertura nazionale (dal 21% al 36%). Dai dati di copertura per Regione, emerge che la Sicilia è l’unica ad avere una copertura ancora molto bassa. Sei Regioni (Valle d’Aosta, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Campania) e le Province Autonome di Bolzano e Trento hanno partecipato alla sorveglianza con le proprie reti regionali.

Il 99% dei patogeni è stato ottenuto da sangue e l’1% da liquor. Nella maggiore parte degli isolati è stato isolato E. coli (38,3%), seguito da S. aureus (19,9%), K. pneumoniae (13,7%), E. faecalis (9,7%), P. aeruginosa (7,1%), E. faecium (5,4%), Acinetobacter spp. (3,2%) e S. pneumoniae (2,7%).

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