Responsabilità civile e regime probatorio

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La decisione tratta del risarcimento del danno per inadempimento contrattuale di vigilanza inter partes avente ad oggetto il servizio di pronto intervento e vigilanza per il furto. La Cassazione ritiene opportuno ribadire che in tema di responsabilità civile vige un diverso regime probatorio rispetto a quello applicabile alla responsabilità penale in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 20 maggio 2025, n. 13417).

Il Tribunale di Lanciano (sentenza n. 301/2016) respinge la domanda finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale del contratto di vigilanza, per negligenza, avente ad oggetto il servizio di pronto intervento e vigilanza per il furto, subito dalla società D.C. nella notte tra il 20 e il 21 gennaio 2011 nel magazzino.

Linadempimento contrattuale del contratto di vigilanza

All’uopo, il Giudice ha osservato:

  • a) il contratto aveva ad oggetto l’erogazione di servizi finalizzati alla sorveglianza del capannone di proprietà attorea.
  • b) il contratto comportava l’assunzione di un’obbligazione di vigilanza e controllo, qualificabile come obbligazione di mezzi e non di risultato.
  • c) il contenuto dell’obbligazione era rappresentato dalla installazione di un impianto di allarme collegato con la sala operativa dell’istituto, dall’obbligo di intervenire in caso di allarme e, in ogni caso, nell’espletamento di una ronda notturna da effettuarsi tutti i giorni dalle ore 22 alle ore 6.
  • d) l’istruttoria aveva dimostrato la corretta esecuzione delle obbligazioni assunte, con riferimento ad una serie di interventi, una prima volta alle 21,30 a seguito di segnale di allarme, cui era seguita anche una telefonata verso la società per consentire l’accesso ai locali interni, posto che dall’esterno non erano evincibili segnali di effrazione.
  • e) erano seguite ispezioni all’1,01, all’1,42 e alle 4,20, a seguito di altrettanti segnali d’allarme, con lo stesso esito negativo, come risultava dai biglietti di controllo e dalla deposizione di uno dei testi.
  • f) la circostanza che i biglietti fossero stati trovati nella cassetta all’esterno del capannone, e non all’interno, non consentiva di per sé di affermare che l’ispezione fosse stata poco accurata o comunque inidonea allo scopo, posto che i segni di effrazione poi rinvenuti alle 7,30 del mattino sul cancello e sulla recinzione del capannone sarebbero stati comunque visibili anche dall’esterno.
  • g) non poteva escludersi che il furto fosse avvenuto dopo la fine dell’orario di ronda, cioè dopo le 6 e neppure emergevano apprezzabili ragioni sul perché la parte lesa avesse atteso cinque ore prima di sporgere la denuncia di furto.

La Corte d’appello di L’Aquila ha confermato il primo grado.

Il ragionamento della Corte di Cassazione

Viene lamentato che la Corte d’appello non avrebbe tenuto conto del fatto che fosse del tutto inusuale l’immissione dei report delle ronde notturne nella cassetta postale posta al di fuori del cancello e non, viceversa, come di consueto, all’interno del recinto e ciò significherebbe che le ispezioni notturne di vigilanza si sono limitate ad una superficiale e fugace occhiata all’esterno dell’area, senza ingresso del personale di vigilanza nell’area recintata.

La società derubata argomenta anche in punto di diligenza qualificata nell’adempimento della prestazione dovuta, nello specifico critica l’argomentazione della Corte d’appello che ha ritenuto sufficiente ai fini del diligente adempimento la considerazione della mera effettuazione delle ronde notturne, senza verificarne le modalità con cui tali ronde sono state effettuate ai fini in particolare della diligenza qualificata richiesta nella fattispecie.

Le lamentele svolte sono dichiarate inammissibili. In primo luogo, la Corte di appello avendo confermato la sentenza di primo grado sulla base delle stesse ragioni inerenti alle questioni di fatto indicate a fondamento della decisione impugnata ha creato una “doppia decisione conforme” in fatto, ergo il ricorso in Cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai numeri 1), 2), 3) e 4) del primo comma dell’articolo 360 cpc.

Violazione del criterio di diligenza qualificata

Anche le argomentazioni spese sulla asserita violazione del criterio di diligenza qualificata, nella sostanza, richiamano una serie di accertamenti e valutazioni istruttorie, la cui reiterazione non è ammissibile in Corte di Cassazione. Ad ogni modo le censure formulate non sono illustrate in modo tale da contrastare la ratio decidendi dei Giudici di appello.

Dai giudizi di merito è emerso: – che furono tempestivamente compiute ispezioni avviate ogni volta che l’allarme suonò, – che la squadra di vigilanza, ogni volta, entrò nel recinto, perlustrando il piazzale (non essendo munita delle chiavi di accesso al magazzino), – che tra la scelta di aver lasciato il biglietto all’esterno non ci fu nesso di conseguenzialità logica con il fatto che il controllo riguardò anche il piazzale al di là del cancello, – che il proprietario, chiamato più volte al telefono per consentire la verifica all’interno del capannone, non si recò in loco, sebbene invitato a farlo, – che l’effrazione, per come constatata al mattino, sarebbe stata comunque visibile dal cancello, – che infine non fu accertato l’orario del furto.

Responsabilità civile e regime probatorio

Ebbene, la Cassazione ritiene opportuno ribadire che in tema di responsabilità civile vige un diverso regime probatorio rispetto a quello applicabile alla responsabilità penale in ragione dei differenti valori sottesi ai due processi: nel senso che, nell’accertamento del nesso causale in materia civile, vige la regola della preponderanza dell’evidenza o del “più probabile che non”, mentre nel processo penale vige la regola della prova “oltre il ragionevole dubbio“.

La regola della preponderanza dell’evidenza o del «più probabile che non» si applica non solo all’accertamento del nesso di causalità fra l’omissione e l’evento di danno, ma anche all’accertamento del nesso tra quest’ultimo, quale elemento costitutivo della fattispecie, e le conseguenze dannose risarcibili, possono essere indagate solo mediante un giudizio prognostico sull’esito che avrebbe potuto avere l’attività professionale omessa.

Regime probatorio che, comunque, non è venuto in considerazione nella fattispecie in esame stante la verificata diligenza contrattuale con cui la società di vigilanza ha provato di aver adempiuto alla propria prestazione.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile in toto.

Avv. Emanuela Foligno

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