La risposta sembrerebbe facile e forse lo è, ma nella realtà dei fatti così non è …con la solita eccezione di alcune “isole felici” nazionali.

Consideriamo in pratica quali sono i due ruoli dei ctu nominati e analizziamo invece i fatti tenendo a mente i concetti di consulenza “percipiente e deducente”.

Quando il ctu è da solo (ed è tale anche quando questi nomina un ausiliario) è tutto a suo carico, ossia, dapprima deve “decifrare” la documentazione sanitaria, quindi dedurne il significato e stabilire i nessi di causa tra gli eventi esaminati e le doglianze specifiche attoree o quelle in astratto.

Quando il Giudice nomina una collegiale composta da medico legale e specialista di diversa branca medica chi è che tiene il timone tra i due, il medico legale o lo specialista?

L’esperienza dello scrivente è “piena” in quanto dal 2004 mi occupo quasi esclusivamente di responsabilità sanitaria e quindi posso tranquillamente affermare che la regola generale è la seguente:

  • E’ frequente che il giudice nomini solo lo specialista della materia di cui si tratta: questi fa tutto, conduce le operazioni peritali, visita il paziente (ove è vivo), snocciola la documentazione sanitaria e da essa trae le proprie conclusioni in piena autonomia sia quando si tratta di valutare il decesso di un paziente che quando si tratta di valutare una invalidità permanente da fatto eventualmente illecito.

In questa fattispecie quali sono i Vulnus?

Se il CTU è uno specialista diverso dal medico legale dovrà svolgere il ruolo di specialista e di medico legale: ossia dovrà fare ciò che non sa fare.

Se qualche specialista non medico legale mi sta leggendo sicuramente mi ha già mandato a quel paese! Ma vediamo perché ho ragione ad affermare questo (anche qui, evidentemente, ci sono delle eccezioni!).

Il CTU deve essere uno speciale tecnico utile al Giudice a raggiungere la prova in quanto questi non sarebbe capace in giudizio a ottenerne una per scrivere una sentenza che non sia priva di illogicità scientifica e quindi giuridica.

Allora che dovrà fare il CTU?

“Decifrare” le carte nel fascicolo, chiarire il percorso terapeutico con linguaggio più comprensibile possibile al Giudice, descrivere eventuali inesattezza dell’operato medico o della struttura e se questi eventuali inadempimenti omissivi o commissivi sia tali da giustificare il danno lamentato dal/i ricorrente/i.

Per compiere questo “miracolo” (ahimè così lo definisco!) il ctu non specialista in medicina legale (e comunque in genere) bisogna che abbia una buona conoscenza:

  • della materia specialistica di cui si parla;
  • del nesso di causa materiale e giuridica;
  • del concetto di rapporto contrattuale o extracontrattuale;
  • del concetto dell’onere della prova;
  • della differenza tra complicanza ed errore;
  • della valutazione del danno biologico connesso alla eventuale malpractice.

Insomma bisogna che il CTU conosca bene questi 6 concetti sui quali ci si può scrivere un tomo di 10mila pagine.

Allora, premesso questo, un ctu non medico legale probabilmente saprà ben discernere un comportamento idoneo e conforme alla buona prassi clinica, mentre potrebbe avere serie difficoltà nel discernere un nesso di causa, un maggior danno, la differenza tra complicanza e errore, una responsabilità oggettiva.

Chi dei lettori di Responsabile Civile ci segue costantemente ricorderà come spesso gli specialisti non medico legali motivano una colpa sanitaria o “scagionano” un disastro sanitario.

  • Quando un Giudice nomina uno specialista Medico Legale solitamente questi si avvale di un ausiliario specialista della materia propria di quel caso specifico e a lui delega:
  • La visita del soggetto (ove vivo);
  • L’analisi della documentazione per ravvisare eventualmente dei comportamenti lontani dalla buona prassi medica e forse (ove sia saggio) delega anche la valutazione degli esiti attesi da un determinato trattamento chirurgico o farmacologico così da poter valutare un maggior danno biologico o un mancato raggiungimento di un obiettivo sperato o ancora una possibilità maggiore chance di sopravvivenza.

Il tutto sempre se il Medico Legale ha ben rappresentato nel suo “bagaglio” culturale i concetti di errore, complicanza, onere della prova, perdita di chance o mancato raggiungimento di un obiettivo sperato. Quindi, come sempre affermo, in questi casi si parla di un “buon” medico legale e non di uno specialista medico legale qualsiasi.

Tutto quanto sopra rappresenta solo una premessa al titolo di questa riflessione (quali i ruoli di ognuno?) perché è frequente che lo specialista non medico legale spesso, anche in presenza del medico legale, fa tutto e maldestramente, mentre il medico legale accetta passivamente le conclusioni dello specialista e addirittura fa proprie le conclusioni dello specialista anche quando si parla di fatti squisitamente medico legali (vedi consenso informato, complicanza/errore).

Questo spiega perché in certe regioni d’italia i magistrati chiamano a giurare solo specialisti non medico legali! I giudici, in queste regioni, sono giunti alla conclusione che i medici legali non servono poi tanto. E il pensiero del Consigliere Marco Rossetti ne è la testimonianza: “il medico legale va nominato quando c’è da fare una valutazione del danno biologico”.

Insomma, cari colleghi medico legali, se non esiste in noi la cultura medico legale e giuridica, la voglia di essere i numeri “1”, la voglia di essere l’unico interlocutore dei giudici in quanto “notai” del danno alla persona e del “nesso di causa”, si può tranquillamente affermare che la categoria è giunta al termine della corsa!

O no?

Dr. Carmelo Galipò

(Pres. Accademia della Medicina Legale)

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2 Commenti

  1. Caro collega, i giudici non vogliono il medico-legale perché in determinate situazioni ne sanno molto più di loro e ne ho avuto conferma all’ultimo master sulla responsabilità sanitaria che ho seguito. Il giudice per poter esercitare il “suo potere” (spesso solo autorità senza autorevolezza) ha bisogno dell’ignorante … tra le altre cose sarebbe opportuno che i vari consiglieri di cassazione si mettessero d’accordo sulla giurisprudenza, sennò non avremo mai una sola Italia

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