Colpita una parte del network di revenge porn presente sull’app. La Polizia postale: migliore prevenzione consiste nell’evitare di documentare la propria intimità
“La Bibbia 5.0”, “il vangelo del pelo” e “stupro tua sorella”. Identificati e denunciati dalla Polizia postale gli amministratori di tre canali di revenge porn presenti su Telegram che annoverano migliaia di utenti. E’ l’esito di una articolata indagine coordinata dal Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni e che ha visto coinvolte le Procure presso il Tribunale Ordinario di Milano, Palermo, Bergamo e la Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Palermo.
Uno dei soggetti denunciati, 29enne bergamasco, è stato indagato per aver utilizzato i citati canali a scopo di revenge porn nei confronti della ex compagna. Tra le vittime, anche diversi personaggi del mondo dello spettacolo, che hanno deciso di esporsi in prima persona per dimostrare l’importanza di denunciare questo tipo di fatti.
L’amministratore di “stupro sorella 2.0” e di “il vangelo del pelo”, 35enne della provincia di Nuoro, è stato trovato nell’atto di operare su Telegram quando gli investigatori hanno fatto accesso alla sua abitazione, mentre l’amministratore di “la Bibbia 5.0” è risultato un minore di 17 anni, il quale, mettendo in vendita le immagini pornografiche dell’archivio del canale, aveva raccolto circa 5.000 euro.
Secondo la Polizia Postale e delle Comunicazioni la migliore prevenzione per difendersi dal revenge porn consiste nell’evitare di documentare la propria intimità. L’invio di foto e filmati anche al solo partner rappresenta un anello debole nella “catena di custodia” di tali contenuti ed espone a eventuali ricatti o vendette in caso di un’eventuale interruzione della relazione.
Qualora si decida di documentare i rapporti intimi, è bene tutelarsi usando dispositivi non connessi alla rete e memorizzando immagini e video su supporti esterni ben custoditi, accessibili tramite password.
L’interessato, poi, può chiedere ai social network di rimuovere il contenuto che lo riguarda;
qualora non sia possibile la rimozione, si può ricorrere al diritto all’oblio, eliminando la de-indicizzazione e le conseguenti attività risarcitorie, mediante dedicata richiesta all’Autorità Garante per la Protezione dei dati personali. Ciò comporta che il materiale non venga eliminato dalla rete, ma rimosso dai motori di ricerca. In tal modo, senza conoscere la url esatta del contenuto, questo non sarà raggiungibile dalla mera ricerca delle parole chiave.
E’ inoltre opportuno che la vittima presenti tempestivamente la querela, in quanto i contenuti pubblicati online si diffondono velocemente e, quando si ottengono i provvedimenti dell’autorità giudiziaria, il danno subìto dalla vittima è ormai irreparabile. Infatti, le indagini svolte dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni in tale ambito sono finalizzate non soltanto a identificare e punire il responsabile del reato, ma anche a intervenire tempestivamente per far rimuovere i contenuti dal web o, quantomeno, limitarne la divulgazione massiva.
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