Dal primo marzo gli italiani hanno a che fare con la ricetta nazionale elettronica. Novità e vantaggi, ma cosa è cambiato per i medici? Per fare un bilancio, «Responsabile Civile» ha intervistato il Vice Segretario Vicario della Fimmg

Entrata definitivamente in vigore dal 1° marzo, la ricetta elettronica nazionale permette al paziente di ritirare in qualsiasi farmacia del territorio italiano il farmaco indicato nella prescrizione medica rilasciata dal proprio medico curante, tra l’altro pagando il ticket della regione di provenienza.

Una novità che migliora ulteriormente la dematerializzazione della ricetta che già era partita in diverse regioni lo scorso anno. Ma quanto e come cambia il lavoro del medico di famiglia, con l’introduzione della cosiddetta “ricetta bianca”?

«Responsabile Civile» lo ha chiesto a Silvestro Scotti, Vice Segretario Vicario della Fimmg.

Dott. Scotti, possiamo fare un bilancio dei primi mesi di introduzione della prescrizione elettronica nazionale? Come è cambiato il lavoro dei medici di famiglia?

L’organizzazione del lavoro è certamente dovuta cambiare, soprattutto rispetto a quei pazienti che hanno una ripetizione di farmaci cronici, e che, molto spesso, utilizzavano il collaboratore di studio come tramite per evitare le attese: ora, invece, sono tenuti comunque al passaggio attraverso il medico che formalmente non può dare lo start alla ricetta (che prima veniva definita ex post col timbro e la firma e che adesso, invece, è definita ex ante con l’autenticazione sul portale web).

Non c’è modo di saltare questo passaggio, insomma…

Se io autorizzassi il mio collaboratore sarebbe come se le ricette le facesse un non medico e si tratterebbe di falso ideologico. Il collaboratore, certo, può pre-preparare la ricetta, ma è sempre il medico che deve in qualche modo interrompere la sua attività, magari mentre sta visitando qualcuno, per dare seguito alle ricette che sono in back sul computer in attesa di essere da lui diffuse al sistema web, che funziona solo su sua autorizzazione. Molti colleghi stanno rimandando questa procedura all’inizio o alla fine delle ore di studio.

Ci sono stati dei problemi per quel che riguarda l’adeguamento tecnologico?

A marzo si è diffusa la valorizzazione nazionale della ricetta dematerializzata, ma molte regioni erano partite già da più di un anno con la ricetta elettronica, quindi i problemi tecnici sono più o meno stati risolti con differenze da regione a regione.

Cosa intende?

Ci sono alcune realtà territoriali che utilizzano sistemi di accoglienza regionale e altre che invece utilizzano quello centrale di Sogei a livello nazionale e quindi, in qualche caso, le procedure informatiche sono diverse. Comunque, i software utilizzati dai medici sono in tutto 4 o 5; ognuno ha dovuto quindi adattare la sua tecnologia al tipo di webservice di riferimento nella sua regione. Al momento, tuttavia, i problemi sembrano tutti risolti tranne quello che è stato lamentato dal collega della Liguria rispetto all’aumento di spesa e di impegno per il medico rispetto ai fattori di provvigione.

Come è stato affrontato questo aspetto?

A seconda dei casi, questo problema è stato risolto con un accordo legato al risparmio che le Regioni avranno rispetto al mancato acquisto delle ricette stampate dal Poligrafico dello Stato: in alcune regioni questa cifra è stata ripartita in una sorta di ricompensa per il medico rispetto alla spesa aggiuntiva, in altre è diventata un meccanismo di finanziamento da apporre in un fondo che aumenti e diffonda le forme associative della medicina generale.

A livello di applicazione di questa nuova ricetta dematerializzata, alcuni medici di base hanno lamentato il fatto che, in realtà non si tratta di una dematerializzazione al 100%. In prospettiva si arriverà a questo obiettivo, o si manterrà la situazione attuale?

La ricetta cartacea non potrà sparire mai del tutto per varie ragioni anche di tipo legato alle azioni che si realizzano oggi all’interno della ricetta. Le faccio un esempio: la ricetta è lo strumento attraverso il quale il cittadino può verificare l’esenzione che viene attribuita dal sistema che, in questo momento, è capace di controllare direttamente l’esenzione per reddito (per cui se la mia indicazione non è congrua viene rifiutata e la ricetta non viene emessa). Allo stato attuale, la responsabilità di controllo dell’esenzione è una responsabilità del cittadino non del medico, per cui il cittadino ha il compito di verificare sul promemoria la sigla dell’esenzione del reddito: diversamente, la responsabilità di un eventuale illecito sull’esenzione rimarrebbe nelle mani del solo medico e del farmacista. L’alternativa potrebbe essere che, in futuro, al cittadino arrivi una mail o un link per effettuare il controllo dell’esenzione, ma questa è una tecnologia che poi bisognerebbe capire quanto possa essere diffusa a tutte le tipologie di cittadini e soprattutto agli anziani cronici. In più si deve considerare l’attività domiciliare e di continuità assistenziale che avrebbe lo stesso problema e che al momento non funziona con ricetta dematerializzata: l’alternativa è l’elaborazione di un sistema che “scrive” direttamente sulla tessera sanitaria del cittadino, ma sarebbe difficile per un medico portare con sé le tecnologie che determinino una semplice soluzione di questo tipo. Al momento, inoltre, il cartaceo riguarda ancora anche tutta la parte di prestazioni diagnostiche (ad eccezione di Lazio e Sicilia).

Per i pazienti, invece, come e quanto è cambiato con l’introduzione di questo nuovo meccanismo prescrittivo?

Per i pazienti non è cambiato molto dal momento che hanno comunque un promemoria che in molti casi le regioni hanno riprodotto in maniera similare alla ricetta vera e propria, ma su carta bianca. La vera novità è il fatto che il cittadino può oggi spendere la ricetta elettronica su tutto il territorio nazionale. Ma credo che solo nel periodo estivo potremo verificare quanto questa pratica sarà gradita dai cittadini.

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