Il responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada (rifiuto di sottoporsi all’alcoltest) non è da considerarsi “conducente in stato di ebbrezza” ex lege, concetto che costituisce elemento costitutivo dell’aggravante in esame

La vicenda

La Corte di Appello di Bologna aveva, parzialmente riformato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Rimini a carico di un uomo, dichiarato responsabile del reato previsto dall’art. 186, comma 7, d. lgs. 30 aprile 1992, n.285 (rifiuto di sottoporsi all’alcoltest), con l’aggravante di aver cagionato un sinistro stradale, condannandolo, perciò, alla pena di mesi sei di arresto ed euro 2.400,00 di ammenda, con revoca della patente di guida e confisca dell’autovettura.

La Corte di secondo grado, riconosciute le circostanze attenuanti generiche, aveva rideterminato il trattamento sanzionatorio in mesi quattro di arresto ed Euro 1.600,00 di ammenda ed aveva, poi, disposto la sospensione condizionale della pena.

Nel corso dell’istruttoria era emerso che il conducente “fermato” dalla polizia stradale, alla richiesta di sottoporsi alla verifica del tasso alcolemico si era rifiutato ed anzi, “fingeva di soffiare nell’apparecchio o vi immetteva volutamente aria insufficiente”.

L’imputato decideva, perciò, di presentare ricorso per cassazione, adducendo l’illogicità della motivazione del provvedimento impugnato, dal momento che i giudici di merito avrebbero ritenuto che la mancata insufflazione nel dispositivo etilometrico fosse indice di mala fede, trascurando le sue condizioni di salute.

Si trattava di soggetto di più di ottant’anni e privo di un arto inferiore. Peraltro, questi aveva chiesto agli inquirenti di poter eseguire l’esame per la verifica del tasso alcolemico in altra modalità, senza tuttavia, avere successo.

Il giudizio della Cassazione

Secondo i giudici della Suprema Corte, la sentenza impugnata ha correttamente qualificato la condotta dell’imputato (di rifiuto alla richiesta di sottoporsi all’accertamento alcolemico) come penalmente rilevante.

La Corte ha ritenuto, in conformità al giudice di primo grado, che il comportamento dell’imputato fosse sussumibile nella fattispecie astratta che prevede la rilevanza penale del rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico, interpretando come rifiuto la condotta sostanzialmente elusiva del metodo idoneo a consentire la rilevazione. Si tratta di corretta qualificazione giuridica del fatto, non essendo previsto che la condotta tipica del reato si debba concretare in un rifiuto verbale. Giova, in proposito, ricordare che nella giurisprudenza della Corte di legittimità è stata ritenuta sussumibile nella fattispecie astratta disciplinata dall’art. 186, comma 7, cod. strada anche la condotta ammissiva dello stato di ebbrezza, indirettamente espressiva del rifiuto di sottoporsi all’accertamento (Sez. 4, n. 5409 del 27/01/2015; Sez. 4, n. 36566 del 18/09/2006; Sez. 4, n. 3444 del 12/11/2003).

Quanto al regime sanzionatorio applicato la Cassazione ricorda che la sentenza impugnata ha confermato sia l’incremento della sanzione pecuniaria applicato dal giudice di primo grado per la circostanza aggravante prevista dall’art. 186, comma 2-bis, cod. strada sia la sanzione accessoria della revoca della patente di guida, operando la riduzione per le circostanze attenuanti generiche sulla quantità della stessa risultante dall’aumento conseguente alla predetta aggravante.

La pena

Ebbene, il trattamento sanzionatorio applicato, deve dirsi in contrasto con il principio affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n. 46625 del 29/10/2015), posto che l’aggravante di cui si tratta deve ritenersi ontologicamente incompatibile rispetto alla specifica fattispecie di reato prevista dall’art. 186, comma 7, cod. strada per il caso in cui il conducente rifiuti di sottoporsi al test strumentale.

Una cosa è l’azione di condurre un veicolo “in stato di ebbrezza”, che integra l’elemento specializzante richiesto dalla circostanza aggravante; altro è quello di rifiutarsi “di sottoporsi all’accertamento di tale stato”.

In riferimento al reato di rifiuto, di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada, non può essere applicata la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, conducendo un veicolo in stato di ebbrezza, poiché manca il dato fattuale necessario perché possa sussistere l’elemento circostanziale richiesto dal comma 2-bis, cioè a dire l’accertamento dello “stato di ebbrezza”, in cui versa il conducente del veicolo nel momento in cui provoca un incidente stradale.

In altre parole, il responsabile del reato di cui all’art. 186, comma 7, cod. strada non è da considerarsi, secondo quanto testualmente affermato dalle Sezioni Unite, “conducente in stato di ebbrezza” ex lege, concetto che costituisce elemento costitutivo dell’aggravante in esame.

I giudici Ermellini decidevano pertanto di rigettare il ricorso con riferimento al primo punto e annullare la sentenza senza rinvio limitatamente alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante prevista dall’art. 186, comma 2 bis, cod. strada.

 

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