Ripristino di un immobile locato, risarcibile il danno da lucro cessante

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ripristino di un immobile locato

Al conduttore l’obbligo di risarcire le spese per il ripristino di un immobile locato e riconsegnato in condizioni non conformi a quelle originarie del rapporto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7480/2020, si è pronunciata su un contenzioso avente ad oggetto  la pretesa del ristoro dei danni subiti per il ripristino di un immobile locato.

In primo grado il Tribunale aveva condannato la società locataria  a versare all’azienda proprietaria dello stabile la somma di oltre 87.000,00 euro a fronte dei costi di ripristino e al pagamento della somma di 10.897,23 a titolo di risarcimento del danno conseguente alla indisponibilità dell’immobile per il tempo necessario all’esecuzione dei lavori.

La Corte di appello, in parziale riforma della sentenza del Giudice di prime cure aveva liquidato nella “somma di 12.350,24 euro, oltre IVA a titolo di lucro cessante”, il “risarcimento del danno per il periodo di tempo necessario all’esecuzione e completamento dei lavori di ripristino dell’immobile”.

La locatrice aveva proposto ricorso per cassazione al fine di ottenere “la conferma del principio di diritto in base al quale nel rapporto di locazione, in ipotesi di consegna, da parte del conduttore, dell’immobile non conforme alle condizioni originarie del rapporto, quindi in violazione dell’art. 1590 c.c., incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino stato, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo di esecuzione dei lavori nonché per il tempo in cui il locale resta indisponibile a causa delle cattive condizioni in cui è stato riconsegnato”.

Più specificamente la ricorrente eccepiva che la Corte di merito non avesse considerato nel periodo di indisponibilità dei locali anche quello necessario per verificare ed accertare i danni (da determinare in almeno nove mesi).

La Suprema Corte, tuttavia, ha ritenuto inammissibile il motivo del ricorso per difetto di specificità, alla luce del principio secondo cui “il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo dei ricorso deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c.”.

La redazione giuridica

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