Risarcimento del danno al lavoratore se viene omessa la manutenzione dei D.P.I. (Cass. Civ., Sez. lav., dep. 11 marzo 2022, n. 8042).
Risarcimento del danno al lavoratore collegato ai D.P.I. La singolare vicenda, decisa dalla Sez. lavoro della Cassazione tratta il caso dell’operatore ecologico in forze presso il Comune di Napoli, che si è visto riconosciuto il ristoro dei danni per la mancata manutenzione dei dispositivi individuali di protezione.
I Giudici, preso atto delle mansioni affidate al lavoratore, precisano che la tuta con barre catarifrangente -di cui sono dotati gli operatori ecologici-, è catalogabile come D.P.I. in quanto tutela il lavoratore dai pericoli connessi alla circolazione stradale durante la raccolta dei rifiuti.
Il Tribunale accoglieva la domanda del lavoratore di risarcimento del danno e condannava il Comune al risarcimento del danno per omissione di manutenzione e lavaggio del vestiario fornito per le operazioni di raccolta dei rifiuti in strada, (tuta con barre catarifrangenti).
La Corte d’Appello, invece, respinge la domanda risarcitoria e osserva: “il Comune di Napoli non è il datore di lavoro e, quand’anche lo si fosse ritenuto tale, avrebbe dovuto essere qualificato come datore di mero fatto, responsabile, pertanto, solo per il pagamento delle retribuzioni e contributi, ma non anche per le pretese risarcitorie……(..)..le tute con strisce luminose utilizzate dagli addetti al prelievo dei rifiuti urbani non possono essere qualificate quali D.P.I.”.
La Suprema Corte, ritiene del tutto errata la decisione del Giudice d’Appello.
Sulla vocatio del Comune di Napoli, è emerso che il Consorzio di bacino, di cui il lavoratore è ufficialmente dipendente, “non è mai stato costituito ed è stato gestito, sin dall’origine e sia pure in via di mero fatto, come un ramo dell’amministrazione del Comune di Napoli…(..).. In sostanza, la prestazione lavorativa veniva resa in favore del Comune di Napoli, che ha anche fornito gli indumenti di lavoro e i DPI”.
Ad ogni modo, quand’anche si voglia discorrere di “datore di lavoro di mero fatto”, l’obbligo di apprestare tutele antinfortunistiche per il lavoratore sussiste anche in capo allo stesso, indipendentemente dalla conclusione di un valido contratto”.
Ciò posto, la richiesta di risarcimento del danno avanzata dal lavoratore è fondata.
La nozione di “dispositivi di protezione individuale” non è circoscritta alle attrezzature create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute, in base a caratteristiche tecniche certificate, ma deve essere riferita a qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio, che possa in concreto costituire una barriera protettiva rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, come nel caso delle tute con barre catarifrangenti, che costituiscono una sicurezza per il lavoratore, in punto di visibilità nella circolazione sulla strada.
Il datore di lavoro, ha l’obbligo di fornire e di mantenere in stato di efficienza gli indumenti di lavoro, poiché gli stessi sono inquadrabili nella categoria dei dispositivi di protezione individuali.
Inoltre, gli Ermellini, con particolare riferimento alla posizione degli operatori ecologici, addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, sottolineano che le caratteristiche intrinseche del vestiario preso in esame, ovverosia indumenti ad alta visibilità, giacca e pantalone di colore arancione fluorescente, sono sufficienti a qualificarli come DPI perché “volti a proteggere i lavoratori dai pericoli connessi alla raccolta dei rifiuti in strada in concomitanza con la normale circolazione dei veicoli”.
Difatti, ciò che vale a differenziare i D.P.I., rispetto agli ordinari indumenti di lavoro, è l’astratta idoneità dei primi a preservare la salute del lavoratore rispetto ai rischi connessi all’espletamento della prestazione lavorativa, avuto riguardo al contenuto della prestazione stessa e alle modalità di tempo e di luogo in cui viene effettuata, assumendo le elencazioni contenute nei testi normativi portata meramente esemplificativa.
Del tutto legittima, pertanto, la domanda di risarcimento del danno avanzata dal lavoratore per la omessa manutenzione e lavaggio, da parte del Comune di Napoli, delle tute da lavoro.
Ne discende l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione.
La redazione giuridica
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