La Suprema Corte chiarisce quali siano i limiti di applicazione della compensatio lucri cum damno in materia di risarcimento

Il risarcimento del danno a seguito di un sinistro in cui è deceduta una persona deve essere distinto nelle prestazioni erogate dalle compagnie assicuratrici, volte a coprire il danno patrimoniale sofferto dagli eredi, e in quella  relativa al danno non patrimoniale cagionato dal danneggiante. Lo ha affermato la Corte di Cassazione VI sezione civile nella sentenza n. 3689/20.

A seguito di un sinistro mortale, gli eredi della vittima, in particolare marito e figlio adivano il tribunale per ottenere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali sofferti per la perdita della moglie e madre. Nel computo la Corte di Appello scorporava dall’importo totale le somme ricevute dalle compagnie assicuratrici elvetiche; avverso tale decisioni gli eredi proponevano ricorso per Cassazione.

La Suprema Corte accoglieva il ricorso dei familiari, ispirandosi alla ratio secondo cui la rendita costituita dall’inail ha lo scopo di indennizzare un pregiudizio di natura patrimoniale e non può pertanto essere sottratto da un risarcimento per un danno non patrimoniale.

La Suprema Corte osserva che l’istituto della compensatio lucri cum damno sia volto a circoscrivere l’area del danno risarcibile.

In buona sostanza lo scopo di questo istituto è quello di ripristinare lo status quo ante rispetto al patrimonio del danneggiato, in modo tale che questo all’esito non possa dirsi né più ricco né più povero di quanto fosse prima dell’ inadempimento o del fatto illecito, tenuto conto della causalità giuridica, sia per le conseguenze negative che eventualmente per quelle vantaggiose.

Nell’attenersi ai principi già ampiamente delineati dalle Sezioni Unite in precedenti pronunce, la Corte ha stabilito quanto segue: «(a) alla vittima d’un fatto illecito spetta il risarcimento del danno esistente nel suo patrimonio al momento della liquidazione; (b) nella stima di questo danno occorre tenere conto dei vantaggi che, prima della liquidazione, siano pervenuti o certamente perverranno alla vittima, a condizione che il vantaggio possa dirsi causato del fatto illecito, ed abbia per risultato diretto o mediato quello di attenuare il pregiudizio causato dall’illecito; (c) per stabilire se il vantaggio sia stato causato dal fatto illecito deve applicarsi la stessa regola di causalità utilizzata per stabilire se il danno sia conseguenza dell’illecito».

                                                                       Avv. Claudia Poscia

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