Deve essere garantita a tutti la libera scelta di sottoporsi o meno a trattamenti sanitari quali le emotrasfusioni

Nessuno può essere responsabile del non aver messo fine a una situazione di pericolo creata da altri. Questa la ratio della sentenza n. 515/2020 della Cassazione Civile sez. III che si è trovata a giudicare circa la morte di un paziente che a seguito di un incidente stradale, aveva rifiutato per ragioni legate alla propria religione di sottoporsi alle emotrasfusioni che sarebbero state necessarie a salvargli la vita.

La vicenda origina da un sinistro stradale tra due veicoli, in cui il conducente del veicolo non responsabile subisce lesioni tali da dover essere trasportato d’urgenza in ospedale e sottoposto ad un intervento. Nel corso dell’operazione chirurgica vi sarebbe stata necessità di una emotrasfusione che tuttavia non è stata praticata in ossequio alla scelta del paziente di non farvi ricorso, per ragioni legate alla propria religione (testimone di Geova).

Il giudice di primo grado adito dai familiari della vittima aveva ritenuto di accogliere pienamente la domanda attorea , ritenendo che la scelta del paziente di non sottoporsi ad alcuna emotrasfusione non avesse minimamente intaccato il nesso causale intercorrente fra  l’evento dannoso e il decesso del paziente.

La Corte d’Appello in riforma della sentenza di primo grado riduce il risarcimento del 50% per concorso colposo della vittima, che aveva rifiutato di sottoporsi alla trasfusione di sangue.

I parenti del defunto presentano ricorso per Cassazione, sostenendo che la posizione della Corte d’Appello fosse palesemente discriminatoria nei confronti dei testimoni di Geova. Sosteneva, infatti, il giudice del gravame, che la pretesa di guidare una autovettura, con il rischio di rimanere coinvolti in un incidente stradale, fosse ardita e voluttuaria per chi sapesse già che in caso di necessità non si sarebbe comunque sottoposto all’emotrasfusione.

I congiunti della vittima lamentavano che un tale orientamento fosse altamente discriminatorio nei confronti delle persone appartenenti al gruppo religioso dei testimoni di Geova, e che li limitasse nella loro libertà, garantita costituzionalmente, di decidere in autonomia se sottoporsi o meno a un trattamento sanitario.

La Suprema Corte di Cassazione accoglieva i motivi di ricorso e cassava rinviando alla Corte d’Appello per un giudizio in diversa composizione.

                                                               Avv. Claudia Poscia

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