Nesso causale, non spetta al danneggiato dimostrare l’inadempimento del medico

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La Corte di Appello di Torino non ha applicato correttamente le regole di riparto dell’onere probatorio e quelle di funzione della causalità. La Cassazione cassa la sentenza perché i Giudici di Appello hanno indebitamente omesso di procedere all’accertamento del nesso causale materiale (Cassazione Civile, Sez. III, 05/03/2024 n. 5922).

La vicenda

Il paziente chiama in causa l’Azienda Sanitaria Locale di Torino e deduce che:

  • L’8 febbraio 2011 si sottoponeva a intervento per ipertrofia prostatica e in occasione dell’intervento era stata praticata una anestesia spinale con bupivacaina nello spazio vertebrale L2-L3.
  • Il 18 aprile 2011 gli veniva diagnosticata “paralisi del nervo ascellare destro e dell’emidiaframma sinistro da verosimile reliquato di anestesia”.

Il Tribunale di Torino liquida al paziente l’importo di euro 29.203,15, mentre la Corte di Appello di Torino rigetta la domanda (sent. 732/2020).

Le motivazioni dei giudici di Appello

I Giudici di Appello motivavano, in primo luogo, che il paziente non aveva fornito la prova del nesso causale tra la condotta dei Sanitari e il danno lamentato, non avendo egli formulato neppure prova testimoniale per dimostrare l’asserita condotta imperita dell’Anestesista (in particolare, la circostanza che il detto medico avrebbe introdotto l’ago due volte per riposizionarlo più in alto, confessando all’infermiera presente di avere sbagliato), e l’effettività dello stress algico quale concausa dell’irritazione radicolare e della sofferenza neurologica.

In secondo luogo, osservavano che la mancata prova del nesso eziologico non poteva essere desunta in via presuntiva anche considerando che il CTU in sede di ATP ne aveva “costantemente espresso in termini puramente ipotetici e di mera probabilità individuando la manovra di anestesia come possibile fattore favorente l’irritazione radicolare che avrebbe potuto determinare poi la sofferenza nervosa del nervo circonflesso dx e frenico sx” precisando che “da un punto di vista anestesiologico si era trattato, se effettivamente verificato, con elevata probabilità, di una deviazione laterale nella progressione dell’ago da anestesia sub aracnoidea con contatto della punta sulle superfici articolari laterali.”

Il vaglio della Cassazione

Il paziente lamenta in Cassazione, in estrema sintesi, che la Corte di Appello avrebbe erroneamente sovrapposto due elementi distinti della responsabilità (condotta e nesso causale materiale) e della loro diversa prova, sul presupposto che la dimostrazione del nesso causale materiale potesse essere raggiunta mediante una prova testimoniale. Sostiene il paziente che la prova del nesso causale materiale non avrebbe mai potuto essere fornita attraverso la dichiarazione di testimoni, i quali avrebbero potuto descrivere la condotta dell’Anestesista, ma non esprimere il giudizio sulla sussistenza della relazione di causalità intercorrente tra la condotta contestata e l’evento di danno.

Le censure sono entrambe fondate. La Corte di Appello ha invertito gli oneri probatori delle parti. Non spetta al paziente danneggiato dimostrare l’inadempimento e/o l’inesatto adempimento del Medico, poiché spetta a quest’ultimo la prova dell’esatto adempimento della prestazione medica.

La manovra di anestesia spinale

Il paziente ha invocato la responsabilità della Struttura sanitaria per i danni derivanti dalla manovra di anestesia spinale che egli asseriva svolta erroneamente, che in seguito alla errata introduzione dell’ago nella cavità spinale, questo subiva una deviazione, che provocava forte dolore e non raggiungeva l’effetto anestetico, tanto che l’Anestesista estraeva l’ago e lo riposizionava più in alto.

Difatti, il paziente che era onerato di introdurre mezzi di prova, anche presuntivi, al fine di accertare il nesso di causa intercorrente tra la condotta dell’Anestesista e l’evento dannoso, ha documentalmente provato l’aggravamento della patologia degenerativa preesistente, esitato nella paralisi del nervo ascellare dx e dell’emidiaframma sx, diagnosticata due mesi dopo l’intervento all’esito di numerose visite.

Il paziente non era anche onerato di provare la sua allegazione circa la condotta negligente e imperita dell’Anestesista perché spettava alla Azienda Sanitaria, all’opposto, provare che la prestazione sanitaria era stata eseguita con diligenza. I Giudici di Appello hanno completamente confuso tali elementi arrivando a rigettare la domanda del paziente sul rilievo – del tutto errato – che non era stata fornita la prova dell’allegata condotta errata dell’Anestesista.

Accertamento del nesso causale materiale

Oltre alla violazione delle regole di riparto dell’onere probatorio, i Giudici di Appello hanno indebitamente omesso di procedere all’accertamento del nesso causale materiale, avvalendosi degli elementi probatori precostituiti forniti dal paziente e delle risultanze della CTU, sulla base del criterio del più probabile che non.

La S.C. rammenta che la regola della preponderanza dell’evidenza, o del più probabile che non, si specifica in 2 criteri distinti:

  1. Nel primo caso (regola del più probabile che non) il Giudice valuta se una certa condotta (attiva od omissiva) possa essere considerata causa di un evento dannoso sul rilievo cje le probabilità che l’evento contestato sia la conseguenza di quella condotta risultano maggiori delle probabilità che non lo sia (come da celeberrima S.U. 576/2008)
  2. Nel secondo caso (criterio della prevalenza relativa) il Giudice valuta se la probabilità che una certa condotta sia la causa di un evento dannoso prevalga sulla probabilità che lo siano tutte le altre cause alternative o le possibili concause teoricamente esistenti (ad es. 15991/2011).

In particolare, se l’evento dannoso è ipoteticamente riconducibile a una pluralità di cause, in applicazione progressiva dei 2 criteri, il Giudice dapprima deve eliminare dalle ipotesi valutabili quelle meno probabili, poi deve analizzare le rimanenti ipotesi ritenute più probabili, e infine sceglie tra esse quella che abbia ricevuto il maggior grado di conferma, assumendo la veste di probabilità prevalente.

Ebbene, applicando tali principi al caso concreto, il Giudice avrebbe dovuto formulare il giudizio probabilistico tenendo conto, oltre che delle allegazioni del paziente, degli elementi di prova documentali da esso forniti (che evidenziano la vicinanza cronologica tra l’anestesia e le sopravvenute problematiche), delle risultanze della CTU che aveva individuato la manovra di anestesia “come possibile fattore favorente l’irritazione radicolare”.

La decisione viene cassata con rinvio.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi il commento alla sentenza:

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