Un’ordinanza della Cassazione si è espressa sul risarcimento per perdita di chance al disoccupato in caso di sinistro stradale

In caso di sinistro stradale, è contemplato il risarcimento per perdita di chance al disoccupato?
Con la ordinanza n. 26850/2017, la Cassazione ha accolto il ricorso di una casalinga che in seguito ad un incidente aveva riportato un’invalidità permanente del 25%.
Secondo i giudici, il risarcimento per perdita di chance al disoccupato coinvolto in un sinistro stradale non può escludersi.

Non sarebbe corretto escludere il danno da perdita di chance né quello patrimoniale solo perché la vittima è disoccupata.

Nel caso di specie la donna ha chiamato in giudizio conducente e assicurazione per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di un sinistro stradale.
La domanda è stata accolta con il riconoscimento di un’invalidità permanente pari al 25%.
Tuttavia, è stato stabilito che alla donna non spettasse il danno patrimoniale, essendo mancata la prova dello svolgimento di un’attività lavorativa produttiva di reddito.
In più, non è stato riconosciuto un danno da perdita di chance. Questo per la mancata prova di una maggiore onerosità dello svolgimento dell’attività di casalinga per effetto dell’invalidità.
La donna, perciò, ha fatto ricorso in Cassazione. Una volta riconosciuta la percentuale di invalidità permanente nella misura del 25%, il giudice di appello doveva a suo avviso procedere all’accertamento presuntivo del danno patrimoniale.
Per la vittima dell’incidente, infatti, sussisteva il diritto al risarcimento per perdita di chance al disoccupato.

La circostanza per cui lei non stava lavorando non autorizzava l’esclusione di un danno futuro.

Per la Cassazione, la donna ha ragione. Nell’escludere la ricorrenza del danno patrimoniale sulla base della mancata dimostrazione dello svolgimento di un lavoro e il danno da perdita di chance, il giudice di merito ha violato i principi di diritto enunciati dalla S.C. in materia.
Nella sentenza richiamata dai giudici si legge: “l’invalidità di gravità tale (nella specie, del 25%) da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell’aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c.”.
E non è tutto. Nei casi in cui l’elevata percentuale di invalidità permanente “rende altamente probabile, se non addirittura certa, la menomazione della capacità lavorativa specifica ed il danno che necessariamente da essa consegue, il giudice può procedere all’accertamento presuntivo della predetta perdita patrimoniale, liquidando questa specifica voce di danno con criteri equitativi“.
Ciò può avvenire attraverso il ricorso alla prova presuntiva. E questo “allorché possa ritenersi ragionevolmente probabile che in futuro la vittima percepirà un reddito inferiore a quello che avrebbe altrimenti conseguito in assenza dell’infortunio”.
Pertanto, il ricorso della donna è stato accolto e la sentenza cassata.
 
 
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