Il dipendente ha diritto alla indennità di trasferta e al rimborso chilometrico anche se la sede di assegnazione temporanea del lavoro è più vicina alla propria residenza

La vicenda

La Corte di Appello di Torino aveva condannato la società datrice di lavoro al pagamento della somma di 3.250,01 euro in favore di un  dipendente oltre rivalutazione monetaria e interessi legali, a titolo di indennità di trasferta e rimborso chilometrico previsti dagli articoli 99 e 100 del c.c.n.l. di categoria, e dall’articolo 21 del contratto integrativo regionale del Piemonte.

La Corte di merito aveva rilevato che ai sensi dell’articolo 21 del c.c.i.r. “l’indennità chilometrica e l’indennità di trasferta sono corrisposte in tutte le ipotesi in cui il lavoratore sia assegnato, anche temporaneamente, a una sede diversa, (intesa come confine della sede di lavoro e anche nel caso di avvicinamento alla abitazione di residenza) a condizione che la sede di nuova assegnazione disti più di venti chilometri da quella abituale”.

Nel pervenire a tale ricostruzione i giudici dell’appello avevano ritenuto di valorizzare il dato letterale della norma sostenendo che per sede abituale dovesse ritenersi il comune in cui ha sede l’azienda, i suoi distaccamenti o le aree individuate dagli accordi con le parti collettive che hanno sottoscritto il contratto integrativo.

Il ricorso per Cassazione

Per la cassazione della sentenza la società ha proposto ricorso, ma i giudici della Sezione Lavoro, con l’ordinanza in commento (n. 30664/2019) hanno confermato la pronuncia della corte territoriale perché coerente e immune da vizi.

Come è stato anche di recente chiarito (cfr. Cass. 26/07/2019 n. 20294, 28/06/2017 n. 16181), «nell’interpretazione del contratto – attività riservata al giudice di merito censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici o vizio di motivazione – il carattere prioritario dell’elemento letterale non va inteso in senso assoluto in quanto il richiamo contenuto nell’articolo 1362 cod.civ. alla comune intenzione delle parti impone di estendere l’indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici laddove si registri, pur nella chiarezza del testo dell’accordo, una incoerenza con indici esterni che rivelino una diversa volontà dei contraenti. In tal caso assume valore rilevante anche il criterio logico-sistematico di cui all’articolo 1363 cod.civ., che impone di desumere la volontà manifestata dai contraenti da un esame complessivo delle diverse clausole aventi attinenza alla materia in contesa, tenendosi conto, se del caso, anche del comportamento successivo delle parti».

La decisione

Ebbene nel caso in esame la Corte di merito si era preoccupata proprio di procedere a una interpretazione complessiva delle clausole contrattuali e aveva ritenuto che la disciplina regionale, dettata dall’articolo 21 comma 4, avesse derogato in melius a quella nazionale prevista dall’articolo 100 del c.c.n.l.. Aveva poi sottolineato che l’indennità chiesta era connessa alla temporanea assegnazione a sede diversa da quella assegnata e che l’avvicinamento alla residenza non poteva escludere l’erogazione del compenso come previsto dalla norma nazionale atteso che proprio questo era il contenuto migliorativo della modifica prevista dalla disciplina collettiva regionale.

Tale ricostruzione della volontà delle parti collettive è stata ritenuta dai giudici della Suprema Corte, coerente perché rispettosa dell’intenzione delle parti di apprestare un trattamento di miglior favore ai lavoratori.

Avv. Sabrina Caporale

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