Il verbale della Polizia stradale nel caso di sinistro non può essere considerato come un atto pubblico, ma ha un’attendibilità intrinseca che può essere infirmata solo da una specifica prova contraria (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 9 giugno 2025, n. 15349).
La dinamica dell’incidente ricostruita dalla vittima
La vittima sostiene di essere stata coinvolta il 26/6/1999, in un grave sinistro stradale, quando, trovandosi a percorrere a velocità moderata la SS 106 Jonica con direzione da Taranto a Policoro, fu investito nella parte anteriore sinistra da altra autovettura di colore scuro non identificata che, proveniente dall’opposto senso di marcia a velocità elevatissima, effettuò una manovra di sorpasso azzardata invadendo la carreggiata da lui percorsa, sbalzando fuori strada, a causa del violento impatto, l’autovettura urtava contro alcuni alberi di ulivo e un tombino di cemento.
Il Tribunale di Matera accerta la responsabilità del sinistro in capo al conducente del veicolo rimasto sconosciuto e accoglie la domanda risarcitoria condannando al pagamento l’assicurazione per il FGVS.
Successivamente, la Corte di Potenza (sentenza del 17/2/2023), rigetta la domanda del danneggiato compensando le spese di lite di entrambi gradi del giudizio.
La prova della dinamica dell’incidente e il verbale della Polizia stradale
La Corte, nello specifico, ha rilevato che il danneggiato non avesse provato la verificazione del sinistro e il primo Giudice non avesse tenuto adeguatamente conto del verbale della Polizia Stradale di Policoro redatto nell’immediatezza dei fatti. Le suddette autorità avevano fatto presente che il sinistro si era verificato a causa della velocità sostenuta dell’automezzo dell’attore e per lo scoppio dello “pneumatico destro”, ciò avrebbe provocato la fuoriuscita dell’auto dalla sede stradale e la sua caduta nella cunetta al margine stradale. Gli operatori della Polizia Stradale, inoltre, nel rapporto non avevano fatto alcun riferimento alla presenza di eventuali soccorritori presenti.
I testimoni avevano riferito di essersi trovati a bordo di una autovettura nella stessa direzione di marcia e a distanza di 20/30 metri e di aver visto altra autovettura di colore scuro in direzione opposta in fase di sorpasso, ma per il resto le dichiarazioni rese erano risultate nel complesso non coincidenti quanto all’ipotetica collisione tra i due mezzi e poco credibili, per essersi interessati alla vicenda avendo appreso che nel sinistro era rimasto coinvolto un parente di un loro conoscente e per aver proseguito la marcia nonostante il ribaltamento veicolo della vittima.
Il ricorso in Cassazione
Il ricorrente lamenta che la Corte d’appello ha attribuito fede privilegiata alla ricostruzione della dinamica dell’incidente operata dagli agenti verbalizzanti, nonostante la stessa fosse fondata su mere deduzioni non supportate da rilievi fotografici e planimetrici, e contrastata dagli altri elementi probatori acquisiti in corso di causa.
Secondo la sua tesi, il verbale della Polizia stradale “fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche“, ivi compresa la ricostruzione della dinamica del sinistro.
La S.C. osserva che correttamente il secondo grado, all’esito della valutazione complessiva dei testi escussi non ha ritenuto fornita la prova della verificazione del sinistro nei termini ipotizzati dalla vittima. Tutta la documentazione riconducibile all’intervento della Polizia Stradale nell’immediatezza del fatto, in quanto redatta da pubblici ufficiali, ha la caratura di atto pubblico e, dunque, fa prova fino a querela di falso. Quanto riferito al suo interno non può ritenersi messo in discussione dal contenuto delle dichiarazioni non collimanti rese dai testimoni.
I verbali di accertamento redatti dai pubblici ufficiali fanno piena prova, fino a querela falso, ex art. 2700 cc
Difatti “i verbali di accertamento redatti dai pubblici ufficiali fanno piena prova, fino a querela falso, ex art. 2700 cod. civ., oltre che della provenienza dei medesimi da chi li ha redatti, anche dei fatti attestati come avvenuti in presenza dell’autore del verbale o conosciuti dal medesimo in base alle dichiarazioni raccolte o all’esame di determinati documenti, senza peraltro che tale efficacia probatoria possa estendersi alla veridicità delle suddette dichiarazioni o del contenuto dei documenti esaminati (v. Cass., sez. III, 9 settembre 2008, n. 22662; 6 ottobre 2016, n. 20025; 21 ottobre 2021, n. 31107; 17 aprile 2024, n. 10376).
O degli “altri fatti che il pubblico ufficiale che lo redige attesta essere avvenuti in sua presenza o da lui compiuti” (v. Cass., sez III, 7 ottobre 2022, n. 29320) o, ancora, dei fatti “conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti” (v. Cass., sez. lav., 7 novembre 2014, n. 23800; sez. II, 27 ottobre 2008, n. 25842)”.
Ergo, correttamente è stata attribuita dalla Corte d’appello efficacia di piena prova a quanto afferente alla fase statica del sinistro, ossia alla rilevazione che l’autovettura fosse finita fuoristrada con la parte anteriore “totalmente accartocciata” e lo pneumatico anteriore destro fosse scoppiato. Viceversa, le circostanze di fatto non direttamente percepite dai verbalizzanti in quanto relative alla fase dinamica, quali la valutazione a proposito della velocità “non moderata” o l’esclusione che vi fosse stata collisione con l’altro automezzo, sono frutto di valutazioni effettuate dai verbalizzanti, sicuramente prive di piena efficacia probatoria.
Erroneamente, quindi, la Corte d’appello ha affermato che “[…] tutta la documentazione riconducibile all’intervento della Polizia Stradale di Policoro nell’immediatezza del fatto, in quanto redatta da pubblici ufficiali, ha la caratura di atto pubblico”.
Il verbale della Polizia Stradale non “ha la caratura di atto pubblico” nella sua interezza
Il verbale della Polizia Stradale non “ha la caratura di atto pubblico” nella sua interezza, compresa la ricostruzione della dinamica del sinistro, che deve essere considerata alla stregua di una mera congettura priva del valore previsto dall’art. 2700 c.c.
La Cassazione rammenta, in conclusione, che al fine di garantire il risarcimento dei danni causati dalla circolazione dei veicoli soggetti ad obbligo assicurativo nei casi di sinistro cagionato da veicolo non identificato, spetta comunque al danneggiato, per regola generale, l’onere di provare il fatto generatore del danno (che il sinistro è stato cagionato dal veicolo non identificato) e, cioè, dimostrare le modalità del sinistro stesso e la sua attribuibilità alla condotta dolosa o colposa, esclusiva o concorrente, del conducente dell’altro mezzo e, inoltre, che tale veicolo è rimasto sconosciuto”.
Ciò detto, a prescindere totalmente dalle valutazioni espresse dalla Polizia Stradale, le dichiarazioni testimoniali sono state (correttamente) ritenute non pertinenti, verosimili e inattendibili.
Ebbene, tali circostanze formano oggetto di una valutazione discrezionale che il Giudice compie alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità.
Il ricorso, pertanto, viene rigettato.
Avv. Emanuela Foligno