La responsabilità ex art. 2051 cc ha natura oggettiva in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non già su una presunzione di colpa del custode. E può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo. Nel caso in esame, un uomo caduto a causa di una buca stradale non ottiene alcun risarcimento a causa del suo comportamento incauto (Corte di Cassazione, III civile, ordinanza 9 giugno 2025, n. 15355).
La dinamica della caduta nella buca stradale
Il danneggiato, mentre stava percorrendo a piedi la strada, scendendo dal marciapiede per attraversare, era caduto a terra a causa di una buca presente sul manto stradale, non visibile, ed aveva riportato lesioni, consistenti in frattura composta perone distale sinistro. In primo grado il Giudice di Pace accoglie la domanda che, invece, il Tribunale di Trani – in qualità di Giudice di appello – rigetta integralmente.
Secondo la tesi del danneggiato, il Giudice di secondo grado avrebbe erroneamente ritenuto che la responsabilità del Comune potesse essere configurata soltanto a fronte del concreto riscontro di una insidia, così ponendo a carico del danneggiato l’onere di provare la non visibilità del pericolo e la non prevedibilità dell’evento dannoso. In tal modo discostandosi dall’orientamento secondo cui l’onere probatorio gravante sul danneggiato si sostanzia nella duplice dimostrazione dell’esistenza (ed entità del danno) e della sua derivazione dalla cosa, restando a carico del custode l’onere di dimostrare la ricorrenza del fortuito.
Censura, anche, la affermazione secondo cui egli avrebbe dovuto tenere un comportamento più diligente, ed evidenzia che la motivazione, sul punto, si basa esclusivamente sull’unica fotografia tardivamente prodotta dal Comune.
Tutte le doglianze vengono rigettate, con conferma del secondo grado.
Il recente orientamento della giurisprudenza in tema di responsabilità per le cose in custodia
La Cassazione, con recenti pronunce (ad esempio Cass., sez. 3, 23/05/2023, n. 14228,) ha ribadito che il requisito legale “della rilevanza causale del fatto del danneggiato è la colpa, intesa come oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza”, e ciò perché, mentre, al pari della concausa naturale, il fatto non colposo del danneggiato non incide sull’evento di danno sul piano della causalità materiale, al contrario il fatto colposo comporta la riduzione del risarcimento sul piano della causalità giuridica, “secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate”.
Pacifico, dunque, che i presupposti della responsabilità per i danni da cose in custodia, ai sensi dell’art. 2051 cc, sono la derivazione del danno dalla cosa e la custodia, devono essere provati dal danneggiato. Il custode, invece, deve fornire la cosiddetta prova liberatoria della sussistenza del caso fortuito.
Già da oltre un quinquennio la Cassazione ha precisato in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, primo comma, cc.
La responsabilità ex art. 2051 cc ha natura oggettiva
Tale orientamento ha ricevuto una definitiva conferma dalle Sezioni Unite di questa Corte che, con la decisione n. 20943 del 30/06/2022, seguita anche da Cass. n. 11152 del 2023.
Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalla giurisprudenza laddove ha statuito che la responsabilità ex art. 2051 cc ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo.
Oltre a tali diktat si aggiunga che il fatto colposo del danneggiato ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cc, è rilevabile anche d’ufficio se risultino prospettati gli elementi di fatto da cui esso sia ricavabile. Rientra, infatti, nell’insindacabile giudizio del Giudice del merito la valutazione del grado di inosservanza del modello di comportamento diligente (da cui dipende la gravità della colpa del danneggiato) e dell’entità delle conseguenze ascrivibili al suo comportamento.
La rilevanza causale del comportamento del danneggiato
Il Giudice di appello ha espresso un corretto giudizio di fatto sulla rilevanza causale del comportamento del danneggiato nel pieno rispetto dei principi giuridici che ne costituiscono il fondamento.
Infatti: i) il sinistro si è verificato quando la visibilità era ancora buona, come dichiarato dallo stesso danneggiato. ii) La buca era collocata nello spazio compreso tra due autovetture parcheggiate, lungo il marciapiede ed era visibile. iii) La sede stradale nelle vicinanze non era in buono stato. Dall’insieme di tutte cueste circostanze è stato desunto che la vittima, con un comportamento più diligente e utilizzando l’attraversamento pedonale sito a pochi passi dal luogo del sinistro, avrebbe sicuramente raggiunto il versante opposto della strada in sicurezza.
Secondo la ricostruzione operata dal Giudice di appello, la caduta e le conseguenti lesioni fisiche, non erano in alcun modo ascrivibili alla buca in questione ai sensi dell’art. 2051 cc, ma dovevano essere causalmente ricondotte, in via esclusiva, al comportamento incauto del danneggiato.
Il ricorso viene integralmente rigettato.
Avv. Emanuela Foligno