La morte di un congiunto conseguente a fatto illecito, nel caso un sinistro stradale, configura – come noto – per i superstiti un danno rappresentato dalla lesione di diritti costituzionalmente protetti

Gli eredi di un uomo deceduto a causa di un sinistro stradale citano in giudizio dinanzi il Tribunale di Milano (sez. VI, sentenza n. 6264 del 15 ottobre 2020), il conducente del veicolo Mercedes e la sua Assicurazione onde ottenere il ristoro dei danni.

L’uomo alla guida di un WW Polo, giunto all’intersezione semaforizzata veniva colpito violentemente dalla Mercedes, che percorreva la carreggiata a velocità sostenuta, e accusava lesioni gravissime che ne causavano il decesso.

Gli Agenti intervenuti sul luogo constatavano che il conducente del Mercedes era privo di patente di guida.

Il procedimento penale a carico del conducente della Mercedes si concludeva con  sentenza di patteggiamento e l’applicazione della pena di un anno e sei mesi di reclusione, successivamente l’Assicurazione corrispondeva agli eredi l’importo di euro 60.000,00 ciascuno che veniva accettato a titolo di acconto.

Il Tribunale ritiene fondata la domanda avanzata dagli eredi.

Nel verbale della Polizia Locale viene riportato che la Mercedes percorreva a velocità sostenuta la carreggiata principale interna, quando, giunto all’intersezione semaforizzata impegnava l’area, andando a collidere violentemente con l’altro veicolo che imboccava l’area del crocevia.

L’eccesso di velocità della Mercedes veniva confermato dalla perizia redatta nell’ambito del procedimento penale ove, il CTU, accertava una velocità di marcia di circa 80 km/h a fronte di un limite di 50 km/h.

Ad ogni modo, precisa il Tribunale, l’integrale responsabilità del conducente della Mercedes trova ulteriori riscontri nella condotta del medesimo che nè al momento del sinistro, ne’ successivamente, forniva una versione dei fatti dalla quale poter desumere una concorrente responsabilità del deceduto, nonchè nella sentenza penale di patteggiamento emessa a suo carico che, sebbene non costituisca di per sè una prova, può essere utilizzata a corredo di ulteriori riscontri.

Ciò posto, il Tribunale procede nella disamina delle poste risarcitorie, escludendo preliminarmente la domanda di risarcimento del danno jure hereditatis terminale, nè nella sua componente biologica, nè in quelle morale.

Al riguardo viene ricordato che in caso di morte cagionata da un illecito, nel periodo di tempo interposto tra la lesione e la morte ricorre il danno biologico terminale, se nel tempo che si dispiega tra la lesione ed il decesso la persona si trovi in una condizione di “lucidita’ agonica”, in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l’imminenza della morte, essendo quindi irrilevante, a fini risarcitori, in tale ipotesi, il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale ed il decesso.

Ebbene risulta che l’uomo giungeva presso l’Ospedale San Raffaele già in stato di coma, con conseguente inconfigurabilità del danno di cui sopra.

Riguardo ai danni richiesti a titolo jure proprio viene osservato che la morte di un congiunto, conseguente a fatto illecito, configura -come noto- per i superstiti un danno rappresentato dalla lesione di diritti costituzionalmente protetti.

Nel liquidare il danno, inoltre, non è lecito attribuire congiuntamente il danno morale e il danno da perdita parentale, perché costituisce duplicazione.

La vittima, aveva 65 anni al momento del decesso, era vedovo e viveva in un’abitazione con il figlio, vicina all’abitazione dell’altra figlia. Anche dalla CTU disposta sugli attori, al fine di verificare un eventuale danno psichico riportato in esito al lutto, risulta un solido legame affettivo tra padre e figli, già privi dell’altro genitore ed un’assidua frequentazione anche con la figlia non convivente.

Alla luce di ciò il risarcimento dovuto agli attori a tale titolo viene quantificato in euro 248.940,00 in valori attuali.

Inoltre, la CTU accertava che, in relazione all’evento in causa uno dei figli riportava “un disturbo dell’adattamento con ansia umore depressi misti” e conseguente inabilità temporanea di tre mesi al 25%. Ne consegue il riconoscimento di un importo risarcitorio per tale voce di danno pari ad euro 2.205,00.

In relazione alla figlia, la CTU accertava una “sindrome ansioso-depressiva reattiva” con conseguente inabilità temporanea di circa quattro mesi al 25%. Ne consegue il riconoscimento di un importo risarcitorio per tale voce di danno pari ad euro 2.940,00.

In conclusione la Compagnia assicuratrice della Mercedes viene condannata a corrispondere al figlio del deceduto l’importo di euro 251.522,35, cui va dedotto quanto già corrisposto a titolo di acconto; alla figlia l’importo di euro 256.290,43.

La Compagnia viene inoltre condannata al pagamento delle spese di lite,  delle spese sostenute dagli attori per la fase stragiudiziale e delle spese di CTU.

Avv. Emanuela Foligno

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