Anche le spese non documentate, per spostamenti e permanenza, in diverse città per cure mediche, sostenute dai genitori della vittima di un incidente stradale, devono essere risarcite

Dopo il giudizio d’appello era stata rideterminata la misura del contributo causale della vittima nella causazione del sinistro stradale in cui fu coinvolta, pari al 50%.
La corte d’appello di Firenze aveva accolto il ricorso proposto dalla compagnia assicurativa convenuta in giudizio; per tali ragioni aveva rideterminato in egual misura, anche il risarcimento in favore della vittima, sia in relazione ai danni non patrimoniali già liquidati dal primo giudice, sia dei danni patrimoniali, ad eccezione della somma di 2.000 euro chiesta dai genitori della parte lesa, relativa a spese non documentate, ritenute perciò, come tali, non rimborsabili, e quindi escluse dal risarcimento.

I fatti

Dalla ricostruzione dei fatti era emerso che la donna, mentre era alla guida di un ciclomotore di proprietà del padre, era rimasta coinvolta in un sinistro stradale con un autocarro di proprietà di una impresa commerciale, assicurato con la compagnia citata in giudizio.
In conseguenza del sinistro la vittima – rimasta in coma per cinque giorni – subiva gravi lesioni, consistite in: trauma cranico commotivo con edema cerebrale diffuso, frattura bilaterale del bacino, ferite lacero contuse sul viso ed infine frattura di un dente.
Nel complesso, l’interessata stimava i postumi di invalidità permanente – incidenti a suo dire anche sulla capacità lavorativa specifica – nella misura del 36-38%.

La domanda giudiziale e il processo

Su tali basi, pertanto, ella – e i genitori, che lamentavano oltre al danno non patrimoniale conseguente al sinistro che aveva coinvolto la figlia, pure quello patrimoniale, consistito nella distruzione del ciclomotore e nelle spese mediche sostenute per la cura della ragazza – citavano in giudizio il conducente del mezzo e l’assicurazione per sentirli condannare al risarcimento dei danni.
Istruita la causa anche mediante lo svolgimento di CTU medico-legale, l’adito Tribunale, riconosciuta nella misura del 25% la corresponsabilità della danneggiata nella causazione del sinistro e nel 22%, il postumo di invalidità permanente, liquidava, nel complesso, la somma di Euro 86.065,97 in suo favore, comprensiva del risarcimento del danno derivante da lesione permanente dell’integrità psicofisica e da inabilità temporanea e assoluta, nonché del danno biologico.
Veniva, invece, respinta la domanda di risarcimento per diminuzione della capacità lavorativa specifica, mentre il danno odontoiatrico, veniva riconosciuto in Euro 4.500, oltre rivalutazione e interessi.
Tutte le somme riconosciute venivano decurtate del 25%, tale essendo stata riconosciuta, dal primo giudice, la misura del suo contributo nella causazione del sinistro.
Ai genitori della vittima, veniva liquidato, equitativamente, il danno non patrimoniale, – già decurtato del 25% – di Euro 6.000,00 per ciascuno di essi, per riparazioni del ciclomotore e spese mediche sostenute per la figlia, in Euro 5.559,78.
All’esito del giudizio d’appello, come anticipato, la Corte fiorentina accoglieva parzialmente il ricorso della compagnia assicurativa ed elevava al 50% la misura della corresponsabilità della parte lesa, riducendo in misura corrispondente il risarcimento del danno non patrimoniale alla stessa dovuto, escludendo, invece, la risarcibilità del danno non patrimoniale lamentato dai genitori, ed espungendo – dal computo dei danni patrimoniali ad essi spettanti, anch’essi ridotti in ragione della riconosciuta maggiore corresponsabilità della vittima primaria nella causazione del sinistro, – la somma di Euro 2.000,00, per spese che avrebbero dovuto essere documentate.

Il ricorso per Cassazione

Sulla vicenda si sono pronunciati anche i giudici della Cassazione, con la sentenza n. 8421/2019 in commento.
Interessante è l’analisi dell’affermazione conclusiva del giudice dell’appello che aveva escluso il risarcimento del danno non patrimoniale patito dai genitori della vittima, e ciò sul rilievo che postumi di invalidità permanente residuati alla stessa per la loro entità e tipologia – non fossero “tali da richiedere la prestazione di assistenza (morale e/o materiale), nè da incidere, compromettendolo, sullo svolgimento della relazione parentale”.
Ma così facendo, a detta degli Ermellini, la Corte fiorentina non avrebbe tenuto conto della complessa morfologia del tipo di danno, ignorandone la componente innanzitutto, “morale“.
Al riguardo, è stato già affermato che “in tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il giudice di merito, dopo aver identificato la situazione soggettiva protetta a livello costituzionale, deve rigorosamente valutare, sul piano della prova, tanto l’aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), quanto il suo impatto modificativo “in pejus” con la vita quotidiana (il danno c.d. esistenziale, o danno alla vita di relazione, da intendersi quale danno dinamico-relazionale), atteso che oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile – alla luce dell’insegnamento della Corte costituzionale (sent. n. 235 del 2014) e del recente intervento del legislatore (artt. 138 e 139 C.d.A., come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4 agosto 2017 n. 124) – è la sofferenza umana conseguente alla lesione di un diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti” (Cass. Sez. 3, sent. 17 gennaio 2018, n. 901)
Peraltro, è stato anche di recente affermato che “in tema di risarcimento del danno ai prossimi congiunti di persona che abbia subito, a causa di fatto illecito costituente reato, lesioni personali”, spetta a costoro “anche il risarcimento del danno morale concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva della vittima, non essendo ostativo il disposto dell’art. 1223 c.c., in quanto anche tale danno trova causa immediata e diretta nel fatto dannoso”, fermo restando che, trattandosi di “una sofferenza interna del soggetto, esso, da una parte non è accertabile con metodi scientifici e, dall’altra, come per tutti i moti dell’animo, solo quando assume connotazioni eclatanti può essere provato in modo diretto, non escludendosi, però, che, il più delle volte, esso possa essere accertato in base a indizi e presunzioni che, anche da soli, se del caso, possono essere decisivi ai fini della sua configurabilità” (Cass. Sez. 3, sent. 3 aprile 2008, n. 8546).

La rimborsabilità delle spese mediche non documentate

La circostanza che le spese per spostamenti e permanenza, in diverse città, ove i ricorrenti si erano recati per ragioni di cura della propria figlia, fossero “documentabili”, senza essere state però specificamente documentate nel loro ammontare, non costituisce ragione per negarne il rimborso, salvo che non si escluda la ricorrenza di quelle trasferte, e ciò alla stregua del principio secondo cui, in presenza di sinistri “che abbiano costretto il leso ed i suoi familiari a numerosi e ripetuti ricoveri, purché questi ultimi siano documentati, il giudice può liquidare il danno consistito nelle erogazioni per viaggi di cura e spese mediche anche in assenza della prova dei relativi esborsi, ai sensi dell’art. 1226 c.c.” (Cass. Sez. 3, sent. 19 gennaio 2010, n. 712).
Per tali motivi, la sentenza impugnata è stata parzialmente cassata, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione, per un nuovo esame.

La redazione giuridica

 
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