La tecnica radiologa aveva eseguito una TAC cranio sul paziente omettendo di effettuare prontamente la relativa diagnosi e di inviare immediatamente il paziente presso una struttura idonea per l’intervento chirurgico. Gli addebiti di colpa erano stati descritti come negligenza, imprudenza e imperizia.
Il fatto
La vittima, accusando un forte mal di testa, a seguito di prescrizione del medico di base di una Tac con carattere di urgenza, si recò insieme alla moglie presso il Centro Diagnostico Radiologico per sottoporsi all’esame senza mezzo di contrasto. Nella struttura, in cui non erano presenti medici, il tecnico radiologo accusato effettuò l’esame, i cui risultati sarebbero stati disponibili il lunedì successivo.
Due giorni dopo, la vittima continuava ad avvertire lo stesso dolore, la moglie chiama il centro radiologico per verificare se gli esiti fossero pronti, ma le fu risposto che il referto sarebbe stato disponibile verso le ore 17:00.
La TAC cranio senza diagnosi e la nuova TAC
Poco dopo, tuttavia, veniva ricontattata dal centro radiologico che la invitava a ritirare il referto e accompagnare immediatamente il marito in ospedale. Non appena appresa tale circostanza, la vittima accusò un malore e fu portato in ospedale, ove il medico rilevò alla TAC un quadro radiologico allarmante per la presenza di una formazione riferibile ad aneurisma. Una nuova TAC evidenziò una emorragia intra assiale a seguito della rottura di aneurisma sacculare. Lo stesso giorno il paziente viene trasferito presso l’azienda ospedaliera di Caserta, ove decedette due giorni dopo.
I Giudici di appello, in allineamento con la sentenza di primo grado, hanno rilevato che alla tecnica radiologa, e non medico, non poteva essere imputata la omessa diagnosi contestata nel capo di imputazione. Inoltre, la presenza del medico presso il centro, finalizzata ad assicurare una refertazione immediata, sarebbe stata necessaria solo nel caso di prospettazione di una situazione di urgenza già conclamata e, dunque, nel solo caso di esame effettuato in ambito ospedaliero e particolarmente in Pronto Soccorso, mentre nel caso di specie la prescrizione del medico di base indicava l’esame come urgente, ma non anche un preciso sospetto diagnostico di gravità tale da rendere necessaria la immediata visione e la diagnosi. La Corte d’Appello di Salerno ha confermato la sentenza di assoluzione del Tribunale di Salerno nei confronti della tecnica radiologa, in ordine al reato di cui all’art. 589 cp, in danno di paziente poi deceduto.
Il ricorso in Cassazione
La decisione viene impugnata in Cassazione, ai soli effetti civili, in relazione al mancato riconoscimento della responsabilità dell’imputata.
Secondo le parti civili la tecnica di radiologia aveva proceduto all’esame, pur in assenza, nella struttura, del medico radiologo e, comunque, non poteva non essersi resa conto dalle immagini della TAC della rottura del vaso sanguigno. Ergo, se l’imputata avesse informato il medico radiologo, ovvero il direttore sanitario dell’aneurisma cerebrale che la TAC aveva rilevato, sarebbe stato possibile effettuare una diagnosi tempestiva e adottare i trattamenti chirurgici e farmacologi in grado di garantire una significativa sopravvivenza.
La censura viene dichiarata inammissibile perché riproduce quello già formulato in sede di impugnazione della sentenza di primo grado e, come tale, viene ritenuto inammissibile, in quanto aspecifico e apparente, non assolvendo alla tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso.
Ad ogni modo, i Giudici nelle conformi sentenze di merito hanno messo in evidenza come l’imputata, in qualità di tecnico radiologo e non medico, rivestisse una posizione di garanzia solo in relazione alla corretta effettuazione dell’esame diagnostico (TAC) e non già in relazione alla valutazione delle risultanze, che è di esclusiva competenza del medico.
A tali argomentazioni, peraltro corrette, le parti civili nulla hanno opposto, limitandosi a ribadire che la tecnica di radiologia avrebbe dovuto accorgersi, visionando le immagini, della patologia da trattare con urgenza.
L’esame radiografico può essere effettuato anche in assenza del medico radiologo
Ad ogni modo, i Giudici di merito hanno richiamato la normativa di settore, in base alla quale l’esame radiografico può essere effettuato anche in assenza del medico radiologo.
Nel caso in esame, le funzioni attribuite ai tecnici di radiologia medica sono disciplinate dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25. Ai sensi dell’art. 4 i tecnici sanitari di radiologia medica, ovunque operanti, collaborano direttamente con il medico radio-diagnosta, radio-terapista e nucleare per lo svolgimento di tutte le attività collegate con l’utilizzazione delle radiazioni ionizzanti, sia artificiali che naturali, delle energie termiche e ultrasoniche, nonché della risonanza nucleare magnetica, aventi finalità diagnostiche, terapeutiche, scientifiche e didattiche.
Le modalità tecnico operative
- In particolare:
- a) i tecnici sanitari di radiologia medica nella struttura pubblica e privata attuano le modalità tecnico operative ritenute idonee alla rilevazione dell’informazione diagnostica ed all’espletamento degli atti terapeutici, secondo le finalità diagnostiche o terapeutiche e le indicazioni fornite dal medico radio-diagnosta, radio-terapista o nucleare che ha la facoltà dell’intervento diretto ed in armonia con le disposizioni del dirigente la struttura.
- b) il tecnico sanitario di radiologia medica è tenuto a svolgere la propria opera nella struttura pubblica e privata, nei settori o servizi ove l’attività radiologica è complementare all’esercizio clinico dei medici non radiologi, secondo le indicazioni del medico radiologo.
- c) i tecnici sanitari di radiologia medica assumono la responsabilità specifica tecnico-professionale degli atti a loro attribuiti.
Ergo, il tecnico sanitario di radiologia medica ha competenze collegate alla corretta esecuzione tecnica degli esami diagnostici funzionali alla diagnosi. Solo in relazione alla gestione del rischio relativo alla esecuzione di tali esami egli è, dunque, titolare di una posizione di garanzia, in quanto attività rientrante nella sfera delle sue attribuzioni e della sua conseguente responsabilità.
In conclusione, la Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali (Corte di Cassazione, IV penale, sentenza 20 febbraio 2025, n. 70).
Avv. Emanuela Foligno