L’aspetto temporale della pericolosità sociale

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In punto di pericolosità sociale la Corte di Cassazione dà ragione all’imputato perché la pericolosità sociale costituisce presupposto ineludibile della confisca di prevenzione e al contempo è “misura temporale” del suo ambito applicativo (Corte di Cassazione, V penale, sentenza 21 febbraio 2025, n. 7272).

La confisca di prevenzione

Viene impugnata la decisione della Corte di appello di Milano che ha confermato il provvedimento di primo grado che aveva disposto la confisca di prevenzione del saldo attivo di due libretti postali, sui quali erano confluite le somme di denaro di 630 euro e 81.820 euro sequestrati all’imputato in quanto provenienti da illeciti costituenti manifestazione di “pericolosità sociale storica”.

Avverso tale decreto, il soccombente propone ricorso per Cassazione, che annulla e rinvia alla Corte milanese.

Secondo la tesi dell’imputato, la Corte di Milano avrebbe omesso di verificare l’epoca in cui era stato acquistato il denaro sequestrato e la sussistenza della pericolosità sociale del medesimo a quel momento.

Le modalità di conservazione del denaro, rinvenuto nell’auto sulla quale viaggiava l’imputato, dimostrerebbero la acquisizione recente, e non risalente al momento di in cui si sarebbe potuto ravvisare una manifestazione di pericolosità, e cioè all’anno 2015, allorché il ricorrente era stato condannato per il reato di spaccio di stupefacenti.

La sussistenza della pericolosità sociale

A nulla rileva, sempre secondo la tesi dell’imputato, in punto di sussistenza della pericolosità sociale al momento del sequestro, la circostanza che egli, in conseguenza del rinvenimento della somma di denaro oggetto della misura di prevenzione, avvenuto il 18/7/2022, e del possesso di stupefacente, era stato indagato per il delitto di ricettazione (del denaro) e per il delitto di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990. Ciò perché il medesimo episodio non potrebbe essere considerato contemporaneamente quale sintomo e quale risultato di pericolosità sociale, atteso che, ai fini del sequestro di prevenzione, ex art. 20 D.Lgs. n. 159 del 2011, la pericolosità del proposto deve preesistere al sequestro stesso.

Ed ancora, viene lamentato in Cassazione che i Giudici milanesi avrebbero fondato la valutazione di sproporzione della somma di denaro trovata in possesso del ricorrente sul carattere asseritamente non veritiero della documentazione dal medesimo depositata, volta a dimostrare che essa conseguiva alla vendita di un terreno in Marocco, che tale somma era stata successivamente versata su un conto corrente, che poi era stato prelevato un importo corrispondente a circa 80 mila euro e, infine che tale somma era stata convertita in Euro.

La pericolosità sociale costituisce presupposto ineludibile della confisca di prevenzione

Le censure vengono ritenute fondate. La pericolosità sociale costituisce presupposto ineludibile della confisca di prevenzione e al contempo è “misura temporale” del suo ambito applicativo.

Conseguentemente, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la pericolosità sociale. Ciò, tuttavia, non esclude la possibilità di estendere la misura anche oltre tali confini temporali, ove ricorrano una pluralità di indici fattuali dimostrativi di un “accantonamento” di risorse finanziarie venuto in essere in costanza di pericolosità e della diretta derivazione causale di eventuali acquisizioni patrimoniali estranee a tale provvista (cfr. Sez. 1, n. 12329 del 14/2/2020, Rv. 278700).

La Cassazione ha precisato che innanzitutto vengono in rilievo reati la cui offensività sia proiettata verso beni giuridici non meramente individuali (quali, ad esempio, i reati contro il patrimonio), ma connessi alla preservazione delle condizioni materiali necessarie alla convivenza sociale, quali, per restare sempre ancorati al caso di specie, l’ordine e la sicurezza della collettività.

Tanto chiarito, può dirsi socialmente pericoloso ai sensi del D.Lgs. n. 159 del 2011, art. 1, comma 1, lett. c), il soggetto nei cui confronti il giudizio di prevenzione sia giunto ad accertare la realizzazione di fatti criminosi lesivi o, comunque, pericolosi per la sicurezza e la tranquillità pubblica (e non di beni giuridici meramente individuali).

Chi è socialmente pericoloso?

In altri termini, può ritenersi socialmente pericoloso il soggetto che risulti dedito in maniera non occasionale alla commissione di fatti criminosi lesivi o, comunque, pericolosi per la sicurezza e la tranquillità pubblica e non di beni giuridici meramente individuali, commessi in un significativo intervallo temporale della vita del proposto e con carattere non occasionale o sporadico.

Calando tali principi al caso concreto, i Giudici del merito hanno valorizzato la commissione di due reati di ingresso e soggiorno illegali (art. 10-bis, D.Lgs. n. 286 del 1998) commessi uno nel 2016 e l’altro nel 2017, trattandosi di reati contro la sicurezza e tranquillità pubblica (nonché asseritamente “lucrogenici”, in quanto “il loro antecedente causale” è la «acquisizione antigiuridica di denaro»). Hanno poi valorizzato lo stesso procedimento per il reato di cui all’art. 73, comma 4, D.Lgs. n. 309 del 1990 e di ricettazione, nell’ambito del quale era stata disposto il sequestro e confisca del denaro. Infine, hanno dato rilievo al procedimento in tema di stupefacenti, concernente fatti tra il 2015 e il 2020, il quale era stato archiviato.

Tuttavia, in modo manifestamente illogico, i Giudici di merito hanno ritenuto irrilevante la circostanza che il provvedimento di archiviazione, inerente le sostanze stupefacenti, fosse giustificato dalla insufficienza delle conversazioni telefoniche intercettate, potenzialmente riferibili al commercio di tali sostanze, “a dare conferma del coinvolgimento dello stesso” in tale attività criminosa, e dunque dalla loro inidoneità a sostenere l’accusa in giudizio.

I Giudici non hanno fornito indicazioni in ordine al carattere non occasionale e sporadico dell’attività criminosa

Questo significa che i Giudici non hanno fornito indicazioni in ordine al carattere non occasionale e sporadico dell’attività criminosa, carenza che rende l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento impugnato privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza.

Non è pertinente la giurisprudenza evocata dai giudici del merito (Sez. 5, n. 24930 del 26/05/2022), che attiene alla diversa ipotesi in cui la lecita provenienza del bene caduto sotto il vincolo ablatorio sia fondata sulla mera allegazione di una plusvalenza derivante dalla operazione commerciale di acquisto e rivendita di altro bene di proprietà del destinatario della misura, nel qual caso si è affermato che ai fini dell’assolvimento dell’onere difensivo è necessaria la giustificazione della provenienza delle risorse utilizzate per l’acquisizione del bene stesso.

Alla luce di tali considerazioni, il decreto impugnato viene annullato con rinvio alla Corte d’appello di Milano per un nuovo esame.

Avv. Emanuela Foligno

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