Tamponamento multiplo a catena nella galleria dell’autostrada (Cassazione civile, sez. III, dep. 18/05/2022, n.15924).
Tamponamento multiplo a catena e gravissime lesioni personali a due persone che uscendo dai veicoli vengono investite.
Un uomo, in proprio e quale procuratore speciale della moglie, citava dinanzi il Tribunale di Imperia, l’Assicurazione, l’U.C.I. Ufficio Centrale Italiano, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti, da lui e dalla sua rappresentata, a seguito di tamponamento multiplo occorso nella galleria autostradale, nel quale la moglie riportava gravissime lesioni personali.
Il Tribunale di Imperia attribuiva la responsabilità:
a) nella misura del 40% al conducente dell’auto che aveva urtato contro il margine sinistro della galleria versando e spandendo olio sulla carreggiata ed innescando il tamponamento multiplo a catena delle autovetture che lo seguivano;
b) nella misura del 60% al veicolo che, sopraggiunto per ultimo, aveva investito due persone – tra cui la moglie dell’attore – i quali, giunti poco prima sul luogo del tamponamento multiplo, erano appena scesi dalla autovettura su cui viaggiavano nel tentativo di mettersi in salvo.
Sulla base pertanto della espletata C.T.U., che aveva accertato per la donna una invalidità permanente nella misura del 90%, il Tribunale condannò i due conducenti menzionati, in solido con le Assicurazioni e l’UCI al risarcimento di: a) danno subito dalla donna liquidato applicando all’importo risultante dalle tabelle del Tribunale di Milano una percentuale in aumento del 15% a titolo di personalizzazione; b) danno da lesione del rapporto parentale subito dal marito della stessa, liquidato in Euro 100.000.
In parziale accoglimento del gravame interposto dall’uomo, in proprio e quale procuratore speciale della moglie, la Corte d’Appello di Genova:
– ha aumentato il risarcimento spettante alla donna, riconoscendo il diritto ad una maggiore personalizzazione del danno nella percentuale del 20% e liquidando, dunque, il complessivo importo spettante in Euro 1.028.600, calcolato sulla base del valore del punto di invalidità indicato dalle tabelle milanesi del 2018;
– ha aumentato altresì l’importo del risarcimento spettante al marito, per il danno da lesione del rapporto parentale, liquidandolo nel complessivo importo di Euro 150.000.
L’uomo propone ricorso per Cassazione, ferme le responsabilità per il tamponamento multiplo, lamentando errata valutazione delle voci di danno biologico e errata personalizzazione del danno non patrimoniale; violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 2059 c.c., per omessa e/o falsa e/o errata valutazione danni morali.
In particolare, lamenta che la Corte territoriale, pur riconoscendo i presupposti per una personalizzazione del danno superiore a quella riconosciuta dal Tribunale (pari al 15%), ha contenuto tale aumento nella limitata misura del 5%, senza fornire di ciò una adeguata ed approfondita motivazione; in particolare, pur tenendo conto dell’età della vittima e della eccezionale gravità delle lesioni e della immobilizzazione che ne era conseguita, incidente su di una “persona ancora giovane e professionalmente attiva che trovavasi nel pieno della vita e dell’età lavorativa”, ha però omesso “la specifica valutazione del danno morale, del danno psichico e di alcuni specifici danni, subiti dalla donna, e che contribuiscono a comporre il danno non patrimoniale, quali, ad esempio, il danno estetico ed il danno alla vita sessuale ed alla fertilità.
Il motivo prospetta due distinte censure: la prima diretta a contestare la misura della personalizzazione del danno subito dalla moglie, riconosciuta dalla Corte territoriale, come detto, sì in aumento rispetto a quella già operata dal Tribunale, ma secondo il ricorrente ancora inadeguata e senza il supporto di idonea motivazione; la seconda diretta invece a lamentare l’omessa liquidazione del danno morale, come conseguenza della sua inclusione nel calcolo tabellare del danno biologico.
La prima è inammissibile.
In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura standard del risarcimento può essere incrementata, con motivazione analitica e non stereotipata, solo in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate dal danneggiato), mentre le conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età non giustificano alcuna personalizzazione in aumento.
Il grado di invalidità permanente accertato e indicato dalla CTU esprime in misura percentuale la sintesi di tutte le conseguenze ordinarie che una determinata menomazione si presume riverberi sullo svolgimento delle attività comuni ad ogni persona; in particolare, le conseguenze possono distinguersi in due gruppi:
– quelle necessariamente comuni a tutte le persone che dovessero patire quel particolare grado di invalidità;
– quelle peculiari del caso concreto che abbiano reso il pregiudizio patito dalla vittima diverso e maggiore rispetto ai casi consimili.
Le due categorie, costituiscono forme di manifestazione del danno non patrimoniale aventi identica natura che vanno tutte considerate in ossequio al principio dell’integralità del risarcimento, senza, tuttavia, incorrere in duplicazioni computando lo stesso aspetto due o più volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni.
Soltanto in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali allegate dal danneggiato, che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al Giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.
La Corte d’appello ha accordato una personalizzazione del danno in aumento, nella misura del 20%, sui valori standard risultanti dall’applicazione delle tabelle, sulla base della seguente testuale motivazione: “deve tenersi conto delle particolari sofferenze fisiche e psicologiche patite dal soggetto non liquidando una posta di danno aggiuntiva rispetto al danno biologico, ma personalizzando adeguatamente la liquidazione del danno biologico. La quale – oltre alla sofferenza morale – deve comprendere tutti gli altri effetti pregiudizievoli che derivano dalla compromissione della salute del soggetto, anche quelli relazionali, che si riflettono sulla complessiva qualità di vita dell’infortunato. Pertanto il motivo è fondato nella misura in cui può riconoscersi alla donna una personalizzazione del danno – superiore a quella riconosciuta dal Tribunale – nella misura percentuale del 20% del valore standard dell’invalidità permanente, rapportato all’età della vittima, in considerazione della eccezionale gravità delle lesioni riportate a seguito del tamponamento multiplo e della immobilizzazione che ne è conseguita, andando ad incidere su di una persona ancora giovane e professionalmente attiva che gestiva personalmente e con successo una gelateria tramite una società in nome collettivo di cui era socia al 95%.
Sul secondo aspetto, inerente il danno morale, la doglianza è infondata, anche se la motivazione addotta dalla Corte di merito viene corretta.
L’appellante aveva chiesto, oltre ad una maggiore personalizzazione del danno, anche una separata liquidazione del danno morale. La Corte d’appello ha rilevato, con specifico riferimento a quest’ultimo tema e richiamando i noti arresti di Cass. Sez. U. 11/11/2008, nn. 26972-26975, che l’esistenza di un danno morale era bensì nella specie certamente ravvisabile, “attesa la gravità del fatto e delle conseguenze che ne sono derivate”, e tuttavia “esso non costituisce un’autonoma categoria di danno, autonomamente risarcibile – come sostiene la difesa dell’appellante – ma una componente del danno biologico”, discendendone che “l’attribuzione cumulativa del danno biologico e del danno morale non è praticabile, determinando una ingiustificata duplicazione del risarcimento”.
Tale affermazione è errata perché frutto di una lettura delle menzionate pronunce superata dalle chiare e univoche contrarie emergenze del diritto positivo.
A correzione di quanto affermato, il principio della autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma danno morale: a) non è suscettibile di accertamento medico-legale; b) si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto (pur potendole influenzare) dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato – deve nondimeno rilevarsi che l’esito decisorio cui anche sul punto è pervenuta la sentenza di merito si rivela comunque conforme a diritto.
La Corte d’appello, infatti, come espressamente affermato in sentenza, ha liquidato il danno da lesione del diritto alla salute della donna facendo applicazione delle “tabelle milanesi aggiornate al 2018” le quali includevano nel valore del punto di invalidità, rapportato in funzione crescente alla gravità della menomazione (percentuale di invalidità) ed in funzione decrescente all’età della persona lesa, una quota riferibile anche al danno morale.
La redazione giuridica
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