Tempestare il padre di sms e mail: può configurarsi come reato?

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La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti sul caso in cui tempestare il padre di sms e mail possa integrare il reato di molestie

È possibile che l’atto di tempestare il padre di sms e mail vada a integrare il reato di molestie?

Secondo la Corte di Cassazione, che si è espressa in proposito con la sentenza n. 343/2018, sì.

Nel caso di specie, i giudici hanno affrontato il caso di un uomo, imputato per aver deciso di tempestare il padre di sms e mail, oltre che per effettuato numerosissime telefonate.

In buona sostanza, il figlio lo aveva contattato indesideratamente in maniera continua per un lungo arco di tempo.

Una tale condotta, per i giudici del merito, è di fatto idonea a integrare il reato di molestie o disturbo alle persone di cui all’articolo 660 del codice penale.

Non solo. I giudici specificano che, in assenza di qualsivoglia posizione differente della Corte di cassazione, nulla può salvare il figlio dalla condanna, con le attenuanti generiche, alla pena di 150 euro di ammenda.

Il figlio, per sottrarsi alla condanna definitiva, si era rivolto ai giudici di legittimità lamentando la mancata applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto.

Secondo l’uomo, infatti, nel caso di specie ricorrevano le condizioni richieste dall’articolo 131-bis del codice penale. Questo fermo restando le modalità dell’azione, la minima intensità dell’elemento psicologico e l’assenza di danno.

Tuttavia, per la Cassazione, non può non considerarsi che l’istituto rivendicato in terzo grado non ha mai formato oggetto di richiesta al giudice di merito.

E questo nonostante sia entrato in vigore prima della pronuncia della sentenza impugnata.

Alla luce di tali considerazioni, per i giudici il ricorso dell’imputato risulta inammissibile.

Pertanto, la condanna per molestie nei confronti del padre non può più essere evitata.

 

 

 

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