Termine triennale di prescrizione in tema di infortunio sul lavoro (Cassazione Cvile, sez. VI,  dep. 19/10/2022, n.30923).

Termine triennale di prescrizione ai sensi del T.U. 1124/1965.

La Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha respinto la domanda del lavoratore di indennizzo, a carico dell’Inail, per l’infortunio come cameriere, presso il ristorante ove prestava servizio.

I Giudici di appello hanno rilevato il decorso del termine triennale di prescrizione, T.U. n. 1124 del 1965, ex art. 112 posto che – a seguito di rigetto della domanda amministrativa da parte dell’INAIL, nel luglio 2014, cui non era seguito ricorso in sede amministrativa – il lavoratore aveva proposto azione giudiziaria solamente nel luglio 2018.

La Corte d’Appello ha sottolineato la irrilevanza, ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, della omessa denuncia del rapporto di lavoro, e tale consapevolezza emergeva dal comportamento del lavoratore stesso, che si era risolto a presentare la domanda amministrativa all’INAIL prima dell’azione di accertamento giudiziale della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la società datrice.

Ha aggiunto, inoltre, che ulteriore termine triennale era decorso tra la data di rigetto, in sede amministrativa, della domanda di indennizzo e l’azione giudiziaria proposta nel luglio 2018.

Non è possibile applicare alla materia dell’infortunio sul lavoro i medesimi principi elaborati per la malattia professionale riguardo al decorso del dies a quo, da individuarsi nel momento di consapevolezza dell’esistenza della patologia, della sua origine professionale, e del grado invalidante.

Il lavoratore impugna in Cassazione, ma i motivi di ricorso vengono considerati inammissibili e in parte infondati.

Le censure non colgono la ratio decidendi della sentenza impugnata perché il ricorrente insiste sulla individuazione del dies a quo della prescrizione in data successiva all’anno 2012 (quando non erano ancora stabilizzate le condizioni del lavoratore, che in quell’anno subì la frattura del femore) ma nulla deduce sulla distinzione, effettuata dalla Corte territoriale, tra “il protrarsi ininterrotto per anni di una condizione di malattia acuta” (le cui circostanze sono state ritenute di “assoluta genericità”) e “un evento successivo che contribuisce ad aggravare i postumi” dell’infortunio, distinzione che, combinata con la carenza di allegazioni sull’assenza di stabilizzazione della malattia, è risultata determinante.

Ciò detto, in Cassazione è insindacabile l’accertamento svolto sul dies a quo del termine triennale di prescrizione trattandosi di apprezzamento di fatto ed avendo, la Corte territoriale, evidenziato che il mancato accertamento giudiziale della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato non ha impedito al lavoratore di avere consapevolezza del suo diritto alla indennizzabilità dell’infortunio.

Il lavoratore ha presentato domanda amministrativa all’ente previdenziale in data precedente (aprile 2014) la pronuncia giudiziale sul rapporto di lavoro (sentenza del febbraio 2015), e anche facendo decorrere il termine triennale di prescrizione dalla data di rigetto della domanda amministrativa (luglio 2014), è in ogni caso maturato un ampio periodo triennale (avendo, il lavoratore, depositato domanda giudiziale per il riconoscimento dell’indennizzo nel luglio 2018).

In conclusione il motivo di ricorso viene respinto e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall’art. 91 c.p.c. a favore dell’ente previdenziale controricorrente.

Avv. Emanuela Foligno

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