I camici bianchi sono finiti ai domiciliari assieme a tre cittadini cinesi con l’accusa di peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato. Secondo l’accusa effettuavano visite private in orario di servizio incassando parcelle al nero

Quattro medici ginecologi in servizio all’Ospedale di Prato sono finiti ai domiciliari per effetto di un’ordinanza emessa dal Gip eseguita dai carabinieri del centro toscano. Con loro anche tre persone di nazionalità cinese. Le accuse nei loro confronti sono di peculato e truffa aggravata ai danni dello Stato.

Ai camici bianchi, in particolare, viene contestato di aver effettuato visite private ai cittadini asiatici incassando le parcelle al nero. Il tutto in orario di servizio e usando le strutture e i mezzi dell’Azienda sanitaria.

L’Ausl Toscana Centro ha immediatamente attuato la sospensione dal servizio dei professionisti, attivando un’ulteriore procedura per la valutazione della responsabilità disciplinare. Inoltre, ha inviato la comunicazione ai rispettivi Ordini dei Medici e Chirurghi di appartenenza dei quattro dipendenti.

L’Azienda ha poi annunciato che si costituirà parte civile nel procedimento penale che sarà istaurato. L’obiettivo è quello di ottenere il risarcimento dei danni subiti, in termini patrimoniali e di lesione d’immagine.

Il direttore generale Paolo Morello Marchese ha definito le condotte emerse nella vicenda “inaccettabili e da isolare”. “Tali comportamenti – ha sottolineato – sono gravissimi e indirettamente recano danno alle centinaia di operatori che ogni giorno lavorano con onestà nei nostri servizi e che mi sento di tutelare in tutti i modi”.

Le indagini erano iniziate lo scorso autunno quando una giovane donne cinese si era presentata in ospedale sentendosi male dopo aver assunto una pillola abortiva.

La ragazza aveva spiegato di essersi rivolta a una mediatrice cinese che l’aveva accompagnata da un medico italiano. Questi le aveva dato il farmaco.

Una perizia ha accertato che quei medicinali potevano arrivare solo dal circuito ospedaliero. Le intercettazioni telefoniche disposte dalla Procura hanno poi consentito di risalire ai medici finiti agli arresti domiciliari. Tra questi, tuttavia, non figura, perché non ancora individuato, quello che fornì alla giovane cinese le pillole per l’aborto.

Le pazienti cinesi, secondo quanto emerso dalle indagini svolte dai carabinieri del nucleo investigativo, pagavano una parcella agli stessi mediatori. La cifra era compresa tra i 100 e i 150 euro. Una parte della somma veniva poi girata ai medici.

Nei guai, quindi, oltre ai camici bianchi, sono finiti anche i mediatori. Nessun reato è stato invece contestato alle pazienti, nella convinzione che non sapessero come funziona il sistema della prenotazione del sistema sanitario regionale toscano.

 

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