Dopo quasi 20 anni di lavoro, la ricerca condotta dall’Università Sacro Cuore di Roma in collaborazione con il CNR e l’Istituto Superiore di Sanità rende nota, dopo le prime sperimentazioni positive, l’efficacia di un collirio in grado di riparare parzialmente i danni da glioma, un tumore genetico del nervo ottico, che si manifesta in età pediatrica portando cecità nei bambini colpiti.

glioma-occhi-responsabile-civile

Per approfondire l’argomento ci siamo rivolti direttamente alla fonte di questo studio, il professor Benedetto Falsini, medico chirurgo oculista e professore associato di ruolo dell’Istituto Oftalmologia dell’Università Sacro Cuore di Roma, che insieme al professor Antonio Chiaretti, professore aggregato di Pediatria all’Università Sacro Cuore di Roma e al Professor Riccardo Riccardi, Ordinario di Pediatria e Primario della Divisione di Oncologia Pediatrica della stessa università, ha condotto questo studio.

Professor Falsini, parliamo di glioma, di quale patologia si tratta chi colpisce e con quale frequenza?

B.F. Si tratta di una malattia rara che si manifesta in corso della neurofibromatosi di tipo 1, malattia neurocutanea genetica e colpisce l’età pediatrica. Il 20% pazienti affetti da neurofibromatosi di tipo 1 sviluppa un glioma delle vie ottiche, una patologia che interessa il sistema nervoso centrale. Si manifesta per la proliferazione anomala di alcune cellule, gli astrociti, ed induce un danno a carico delle vie ottiche, le vie visive, quelle che inviano l’impulso alla corteccia celebrale. Si tratta di un danno molto severo che porta a una perdita della visione molto rapidamente. Il tumore di per sé è di basso grado quindi ha un’evoluzione lenta per cui i pazienti – che come abbiamo detto sono bambini – sopravvivono alla patologia tumorale, perché relativamente benigna come decorso, ma il danno più grave è a carico della visione. I soggetti colpiti diventano o gravemente ipovedenti o totalmente ciechi. È una malattia rara, con un’incidenza inferiore a 5 su 20.000 unità, colpisce dunque una piccola percentuale di pazienti che hanno la neurofibromatosi di tipo 1, però ha un impatto sociale enorme perché crea delle persone portatrici di un handicap molto severo. Ha un impatto anche economico nella vita delle famiglie e in quella sociale molto importante.

Come si è arrivati a questi risultati e alla scoperta del collirio?

B.F. Nel corso di questi anni in collaborazione con gli oncologi pediatri, coi neurochirurghi infantili ed i neuroradiologi, abbiamo sviluppato una strategia terapeutica in parallelo al trattamento della neoplasia (glioma), per la quale per ora non esistono terapie capaci di contrastare gli esiti della malattia (cecità). Si tratta di una strategia di neuroprotezione basata sull’uso del «Nerve Growth Factor» (sostanza scoperta dalla Prof. Rita Levi Montalcini) che mira a mantenere in vita le cellule del nervo ottico che vengono danneggiate dal glioma. Questa ricerca è iniziata 20 anni fa, ed è una storia sia scientifica che umana e che ha visto la collaborazione di un gruppo ampio di specialisti del Policlinico Gemelli che attraverso incontri e tutta una serie di azioni ha permesso la messa a punto delle metodiche necessarie per poter effettuare delle misure idonee su questi bambini, cosa che è molto difficile, visto che presentano deficit neurologici generalizzati e anche talvolta deficit cognitivi. Questa è soltanto una tappa di un lungo percorso che vuole portare a una terapia mirata della patologia e che diventerà sempre più specifica grazie alla conoscenza dei bersagli molecolari della malattia che ora grazie allo studio sono noti, e fra questi ce n’è uno che è probabilmente colpito dal farmaco che abbiamo utilizzato sotto forma di collirio e che è il NGF. Il NGF e’ il capostipite di una famiglia di farmaci noti con il termine di neurotrofine, che hanno una duplice azione. Promuovere la differenziazione e la crescita dei neuroni da una parte, e un’azione di blocco del processo di morte programmata dalle stesse cellule dall’altro.

Quali sono i risultati delle sperimentazioni e cosa aspettarsi?

B.F. Il farmaco è stato sperimentato sia in fase 1 che in fase 2, cioè nello studio di efficacia. Il primo articolo sul suo utilizzo risale al 2011. Tale studio mette in evidenza il fatto che i bambini trattati con questo collirio hanno avuto un miglioramento della visione e del campo visivo, migliorando enormemente la qualità della loro vita rispetto ai bambini che hanno preso il controllo, il cosiddetto placebo, e che sono stati successivamente riassegnati alla terapia. È una terapia sicura, priva di effetti collaterali ed efficace nel migliorare la visione. È importante che le famiglie dei bambini affetti da questa patologia rimangano in contatto con i centri che fanno ricerca nel campo delle sperimentazioni cliniche riconosciute a livello internazionale per questa malattia. A livello europeo si stanno infatti creando dei consorzi che mirano ad arrivare alla terapia – anche se non proprio alla cura – di questa patologia. Si tratta di risultati che possono aprire una strada sul possibile utilizzo del fattore NGF nel trattamento di problemi visivi incoraggiando la ricerca verso campi di applicazione diversi come ad esempio lesioni visive provocate da  patologie quali il glaucoma e la  retinopatia degenerativa.

a cura di Laura Fedel

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui