Diverse sentenze si sono espresse in merito alla possibilità di cacciare di casa il marito che dia uno schiaffo alla moglie

È sufficiente anche un solo schiaffo alla moglie, o comunque alla propria compagna, affinché ci siano gli estremi per delle conseguenze penali? In merito, la giurisprudenza si è espressa diverse volte e con sentenze contrastanti.
Nell’ordinanza del 30 giugno 2016 del Tribunale di Milano, si afferma che uno schiaffo alla moglie, anche laddove sia un episodio isolato, si configura come comportamento violento nei confronti della partner, idoneo quindi a far scattare la misura di protezione ex art. 342-bis del codice civile.
Sempre in ambito civile, il gesto di dare uno schiaffo alla moglie è stato ritenuto dalla Cassazione idoneo a far scattare l’addebito nei confronti del marito violento, anche se si è trattato di un solo episodio di violenza fisica.
Nel caso di specie preso in esame dalla sentenza n. 817/2011, la Suprema Corte ha ritenuto che, seppur fosse stato provato provato un solo episodio di questo genere e nato da futili motivi, i giudici hanno ritenuto verosimile che l’atteggiamento fosse reiterato come aveva affermato la donna, anche in mancanza di lesioni evidenti o di prove di altri eventi simili.
Secondo la Cassazione, infatti, basta anche un solo episodio di percosse perché questo venga considerato un fatto grave oltre che lesivo della dignità della persona.
Dello stesso avviso è stata la Corte d’Appello di Palermo con la sentenza n. 991/2013, secondo cui è sufficiente per il coniuge leso dimostrare anche un solo episodio di maltrattamenti per ottenere l’addebito. Per i giudici, anche il singolo episodio basta a scombinare definitivamente l’equilibrio di coppia.
Ma non è tutto. Avvenendo tali episodi all’interno delle mura domestiche, ed essendo quindi difficilmente dimostrabili, all’uopo sono sufficienti le testimonianze di un figlio o di altro familiare per dimostrare che il singolo episodio violento è stato di per sé idoneo a provocare la rottura del matrimonio.
In un’altra ordinanza (n. 24473/2015) invece, la stessa Cassazione ha ritenuto che lo schiaffo alla moglie, dato dal marito, pur rappresentando indubbiamente un comportamento riprovevole e in palese violazione degli obblighi matrimoniali, non è tale da comportare in automatico l’addebito per l’eventuale separazione della coppia.
Questo poiché, nel caso di specie, non veniva data prova del nesso di causalità tra tale comportamento e l’intollerabilità della convivenza. Dello stesso avviso era stata la Corte d’Appello di Lecce con la sentenza n. 109/2015 che ha ritenuto non sufficiente per l’addebito della separazione un episodio isolato di maltrattamenti alla moglie. In questo caso addirittura documentato da testimoni.
Secondo parte della giurisprudenza, il gesto può venire semmai in rilievo in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia, ma solo se, come richiesto dalla norma, sussista una condotta abituale che si estrinseca in più atti lesivi, realizzati in tempi successivi, dell’integrità, della libertà, dell’onore, del decoro della vittima.
A questo proposito, il Tribunale di Ivrea, ha ritenuto con la sentenza n. 714/2016 che “atti episodici, pur lesivi dei diritti fondamentali della persona” non siano riconducibili nell’ambito della cornice unitaria descritta dalla norma.
Per i giudici, infatti, vanno considerate le situazioni “contingenti e particolari che sempre possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare”.
In pratica, secondo il Tribunale, se i maltrattamenti si risolvono in atti di violenza isolati e occasionali, come ad esempio uno schiaffo alla moglia, non può ritenersi integrata la fattispecie dei “maltrattamenti in famiglia” ma, al massimo, quella di percosse, ingiurie e lesioni a seconda della condotta realizzatasi.
In un’altra sentenza, la n. 34803/2016, la Cassazione ha indicato alla Corte d’Appello di rivalutare la pena per il reato di violenza privata nei confronti di un uomo che aveva “occasionalmente” colpito la fidanzata. Questo perché il singolo schiaffo per i giudici non era punibile, potendosi applicare l’art. 131-bis cod. pen. (esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto) ed avendo la Corte registrato tutte le condizioni per dichiarare il fatto particolarmente tenue e il danno esiguo.
 
 
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