La Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un uomo, accusato di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope nel locale sede dell’Associazione da lui presieduta
La prova della consapevolezza soggettiva del reo, nel delitto di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope non può essere tratta meccanicisticamente dalla consumazione collettiva di droga che avviene all’interno del locale da lui gestito, ma presuppone la prova della sussistenza della volontà agevolatrice nell’uso della sostanza da parte degli avventori.
Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 48556/2029 pronunciandosi sul ricorso proposto dal gestore di un locale, condannato in sede di appello alla pena di due di reclusione e 9.000,00 euro di multa con la sospensione condizionale per avere consentito che la sede dell’Associazione da lui presieduta “fosse adibita a luogo di convegno di persone dedite al consumo di sostanze stupefacenti e psicotrope”.
Il reato era stato accertato all’esito di una perquisizione.
I Carabinieri avevano rinvenuto nei locali frequentati da persone e avventori, bustine e involucri contenenti hashish e marijuana. A distanza di tre mesi, una nuova perquisizione aveva portato allo stesso esito.
Nel ricorrere per cassazione, l’imputato lamentava, tra l’altro, che giudici di appello si sarebbero limitati a condividere le argomentazioni del Tribunale del riesame, incorrendo così nel vizio di motivazione. Un maggiore approfondimento degli elementi risultanti dal processo avrebbe evidenziato la mancanza dell’elemento soggettivo della fattispecie contestata poiché l’uomo, non solo non avrebbe adibito il proprio locale a luogo di consumo, ma sarebbe intervenuto per ostacolare che ciò potesse avvenire. Il suo comportamento, pertanto, doveva ritenersi espressione di poca accortezza e serietà gestionale, ma non di volontà agevolatrice nell’uso della sostanza da parte degli avventori.
Per la Suprema Corte le censure mosse dal ricorrente sono fondate.
In base alla giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo del delitto di agevolazione dell’uso di sostanze stupefacenti o psicotrope, anche nella forma omissiva, è necessario che il soggetto “sia conscio” del fatto che il locale posto nella sua disponibilità sia utilizzato come sede di ritrovo per il consumo di sostanze stupefacenti e si astenga dall’intervenire nella consapevolezza dell’agevolazione che dal suo comportamento inerte può derivare a tale uso.
Nel caso in esame, la Corte di Appello non aveva esaminato l’aspetto della “presa di coscienza”, ancorché tardiva, da parte del ricorrente, delle criticità conseguenti alla prosecuzione della frequentazione del circolo da parte dei soggetti nelle condizioni rilevate. Né aveva svolto un compiuto esame in ordine alla eventuale incapacità di assumere idonee iniziative a far cessare la diffusione del consumo di droga all’interno del locale, sede dell’associazione/club di cui l’imputato era presidente.
I giudici di merito avevano tratto la prova dell’”adibizione” del circolo a convegno di consumatori, dagli esiti della perquisizione, dai controlli effettuati dai militari nei confronti dei soggetti che uscivano dal locale, dalle disposte intercettazioni, tralasciando tuttavia, lo scandaglio della consapevolezza soggettiva dell’imputato, tratta meccanicisticamente dalla consumazione collettiva di droga, che avveniva all’interno del circolo.
La carenza di analisi della condotta di agevolazione e cioè dell’avere il soggetto agito con la coscienza e volontà di “agevolare” l’uso di sostanze stupefacenti nel locale posto nella sua disponibilità, utilizzato da altri come sede di ritrovo per il consumo di sostanze stupefacenti, imponeva quindi l’annullamento della pronuncia indicata e la trasmissione degli atti alla Corte d’appello per un nuovo giudizio.
La redazione giuridica
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