Nel caso di contestuale detenzione di diversi tipi di stupefacenti non è escluso che si possa scindere la qualificazione giuridica del fatto, inducendo il giudice a riconoscere che una delle violazioni registrate debba essere ricondotta nell’ambito del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5

La vicenda

La Corte di appello di Roma aveva confermato la pena inflitta all’imputato per i reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 4, per detenzione di diversi tipi di stupefacenti tra cui cocaina (50 grammi suddivisa in 10 involucri), hashish (10 grammi) e 3 grammi di marijuana.

Contro tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione della legge penale, in ordine al mancato riconoscimento dell’uso personale delle sostanze stupefacenti rinvenute nella propria abitazione. Ed invero, a detta della difesa, la corte territoriale non aveva adeguatamente valutato il comprovato stato di tossicodipendenza dell’imputato, l’esiguità della somma rinvenuta nel suo appartamento, l’assenza di sostanze da taglio o di altri strumenti idonei al confezionamento in dosi, nonché l’assenza di qualsivoglia condotta di spaccio.

Il giudizio di legittimità

La Quarta Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 114/2020) ha ritenuto i motivi di doglianza della difesa parzialmente fondati e pertanto ha annullato la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, per l’ulteriore corso.

La questione attinente all’uso personale della sostanza stupefacente del tipo cocaina caduta in sequestro è stata ritenuta adeguatamente valutata dai Giudici di merito che avevano escluso tale possibilità sulla base di argomentazioni corrette sotto il profilo logico e giuridico. Ed in particolare, il rilevante quantitativo della predetta sostanza, da cui potevano trarsi 213 dosi, l’elevato grado di purezza (pari al 75,5%), il frazionamento dello stupefacente in singoli involucri e l’accertata presenza nell’abitazione del ricorrente di un bilancino di precisione, avevano indotto la Corte di merito a ritenere dimostrata la destinazione al commercio di tale sostanza ed il ragionamento sotteso all’affermazione di responsabilità sul punto non manifestava alcuna criticità.

La lieve entità del fatto

Parimenti è stato ritenuto infondato il rilievo difensivo secondo cui la Corte di merito aveva erroneamente mancato di inquadrare la condotta contestata nell’ambito della previsione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5. Il dato quantitativo e qualitativo, il frazionamento in dosi e le modalità di detenzione, opportunamente valorizzate dai Giudici di merito, non potevano che portare ad escludere la lieve entità del fatto.

È stato invece accolta la censura relativa alla insufficienza della valutazione espressa dalla Corte di merito in relazione alla fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4. La motivazione contenuta nella sentenza impugnata sulla esclusione della possibilità che lo stupefacente caduto in sequestro fosse destinato ad un uso personale e che fosse riconducibile alla fattispecie di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, era fondata principalmente sul quantitativo di cocaina rinvenuto, ma non anche alla droga “leggera”, la quale, come lamentato dalla difesa, non solo era presente nell’abitazione in un quantitativo non particolarmente rilevante, ma non era neppure frazionata in dosi, come la cocaina.

Come si legge nella motivazione della sentenza Murolo sebbene l’esito più comune, nel caso di detenzione di diversi tipi di stupefacenti, conduca in concreto ad una valutazione unitaria del fatto, non è in astratto da escludersi l’ipotesi che tale valutazione possa portare in alcuni casi a scindere la qualificazione giuridica del fatto, inducendo il Giudice a riconoscere che una delle violazioni registrate debba essere ricondotta nell’ambito del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5” (Cass. Sez. Un., n. 51063/2018).

È per questi motivi che il Collegio ha disposto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente all’imputazione di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 4 ed al trattamento sanzionatorio adottato relativamente a tale ipotesi, con rinvio alla Corte di appello di Roma, altra sezione, per nuovo esame sul punto.

La redazione giuridica

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