In caso di estinzione del reato per intervenuta prescrizione il giudice può disporre la confisca diretta ma non anche la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto
La vicenda
La Corte d’Appello di Perugia aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti dell’imputata per l’estinzione del reato contestato, in quanto prescritto, e aveva rideterminato la pena confermando le statuizioni civili.
L’imputata, nella sua qualità di collaboratrice di uno studio legale, era accusata di aver posto in essere una truffa in danno dell’Agenzia delle Entrate tramite la contraffazione di modelli F23 attestanti apparenti versamenti di imposte ipotecarie e di bollo, così conseguendo un ingiusto profitto pari all’ammontare dei tributi non versati, e inducendo l’amministrazione finanziaria ad effettuare le formalità di iscrizione o trascrizione richiesta, sebbene non fosse stato effettuato il relativo versamento; nonché di essersi appropriata di denaro che l’istituto bancario aveva messo a disposizione dello studio legale per effettuare i detti adempimenti, connessi alle attività di recupero crediti.
Il ricorso per Cassazione
Contro tale sentenza l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione lamentando tra gli altri motivi, la violazione dell’art. 640 quater c.p., in relazione alla mancata pronunzia sulla revoca parziale del sequestro per equivalente e della conseguente confisca in relazione alle condotte di reato dichiarate prescritte.
Il Tribunale aveva infatti disposto la confisca per equivalente dei beni di proprietà dell’imputata sino all’ammontare di 251 mila euro, pari al profitto dei reati di truffa. La Corte d’Appello aveva dichiarato la parziale estinzione delle condotte di reato, rideterminando la pena inflitta in continuazione, ma aveva omesso di statuire in ordine alla revoca parziale del sequestro e della confisca per equivalente in relazione alle condotte di truffa già estinte.
Il giudizio di legittimità
Ebbene il motivo è stato accolto (Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale, sentenza n. 383/2020). È noto che secondo consolidata giurisprudenza il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, può disporre, a norma dell’art. 240, comma secondo, n. 1 c.p., la confisca del prezzo e, ai sensi dell’art. 322 ter c.p., la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato a condizione che vi sia stata una precedente pronuncia di condanna e che l’accertamento relativo alla sussistenza del reato, alla penale responsabilità dell’imputato e alla qualificazione del bene da confiscare come prezzo o profitto rimanga inalterato nel merito nei successivi gradi di giudizio (Sez. Un. n. 31617/2015).
Di contro il giudice, nel dichiarare la estinzione del reato per intervenuta prescrizione, non può disporre, atteso il suo carattere afflittivo e sanzionatorio, la confisca per equivalente delle cose che ne costituiscono il prezzo o il profitto.
È stato inoltre affermato che qualora il prezzo o il profitto cd. accrescitivo derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca delle somme di cui il soggetto abbia comunque la disponibilità, deve essere qualificata come confisca diretta e, in considerazione delle natura fungibile del bene, destinato a confondersi con le altre disponibilità economiche del reo, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto della ablazione e il reato (Sez. Quinta, n. 23393/2017).
Ciò posto, nella sentenza di primo grado era indicato l’art. 640 quater c.p., che richiamando l’art. 322 ter c.p. prevede la confisca obbligatoria del profitto o prezzo del reato, ovvero, quando non è possibile, la confisca per equivalente per un valore corrispondente e stabilisce che il giudice deve distinguere specificamente i beni su cui cade la confisca diretta e quelli su cui cade la confisca per equivalente.
E nel dispositivo il giudice aveva disposto la confisca delle predette somme di denaro contenute nei conti correnti.
Alla luce dei criteri sopra menzionati, i giudici della Suprema Corte hanno affermato che “la confisca del denaro deve qualificata come diretta e pertanto va confermata integralmente poiché su di essa non incide l’intervenuta prescrizione dei reati in secondo grado, mentre la confisca per equivalente sui beni immobili deve essere limitata all’ammontare delle somme costituenti il profitto delle condotte di reato non ancora prescritte alla data della sentenza di appello, decurtate dal profitto delle condotte dichiarate estinte”.
Per queste ragioni la sentenza impugnata è stata parzialmente annullata limitatamente alla disposta confisca per equivalente con trasmissione degli atti alla Corte d’Appello per un nuovo esame sul punto.
La redazione giuridica
Leggi anche: