È vietato al datore di lavoro installare apparecchiature di videosorveglianza sul luogo di lavoro anche se queste ultime sono finalizzate a prevenire furti e vi è il consenso scritto dei propri dipendenti

La vicenda

Il Tribunale di Lanciano aveva dichiarato colpevole della contravvenzione di cui all’art. 4, L. 20 maggio 1970, n 300, il titolare di un negozio e lo condannava alla pena di tremila euro di ammenda. Al predetto datore di lavoro era contestato di aver installato un sistema di videosorveglianza idoneo a controllare l’attività dei dipendenti, in difetto di accordo con le rappresentanze sindacali.

La sentenza è stata impugnata con ricorso per cassazione. A detta del difensore il provvedimento era viziato per difetto di motivazione. In particolare, il Tribunale si sarebbe limitato ad una formale ed astratta affermazione di principi giurisprudenziali, senza esaminare la vicenda concreta e, in particolare, la documentazione versata in atti (tra cui nello specifico, l’accordo formale sottoscritto dal ricorrente ed i dipendenti nel luglio del 2014). Peraltro, la stessa censura riguardava anche l’aspetto soggettivo del reato, da escludere –a sua detta –  in ragione della piena condivisione con i dipendenti, all’epoca dell’installazione dell’impianto, volto soltanto a prevenire furti nel negozio.

La Corte di Cassazione (Terza Sezione Penale, sentenza n. 1733/2020) ha rigettato il ricorso perché infondato.

Come correttamente affermato dal Tribunale l’accordo scritto con i dipendenti per l’installazione dell’impianto di videosorveglianza non costituisce esimente della responsabilità penale.

Al riguardo si deve richiamare il prevalente e più recente indirizzo di legittimità che ritiene che la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 4 in esame sia integrata (con l’installazione di un sistema di videosorveglianza potenzialmente in grado di controllare a distanza l’attività dei lavoratori, come nel caso di specie) anche quando, in mancanza di accordo con le rappresentanze sindacali aziendali e di provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa, la stessa sia stata preventivamente autorizzata per iscritto da tutti i dipendenti (Sezione Terza, n. 38882/2018).

In particolare, secondo quanto prescritto dall’art. 4 L. n. 300 del 1970, l’installazione di apparecchiature (da impiegare esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale ma dalle quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori) deve essere sempre preceduta da una forma di codeterminazione (accordo) tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori, con la conseguenza che se l’accordo (collettivo) non è raggiunto, il datore di lavoro deve far precedere l’installazione dalla richiesta di un provvedimento autorizzativo da parte dell’autorità amministrativa (Direzione territoriale del lavoro) che faccia luogo del mancato accordo con le rappresentanze sindacali o, in ultima analisi, ad un organo pubblico, con esclusione della possibilità che i lavoratori, uti singuli, possano autonomamente provvedere al riguardo. Tale principio trova la sua ratio nella considerazione dei lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro subordinato.

La decisione

La diseguaglianza di fatto, e quindi l’indiscutibile e maggiore forza economico-scoiale dell’imprenditore, rispetto a quella del lavoratore, rappresenta infatti, la ragione per la quale la procedura codeterminativa sia da ritenersi inderogabile, potendo quest’ultima essere sostituita dall’autorizzazione della direzione territoriale del lavoro solo nel caso di mancato accordo tra datore di lavoro e rappresentanze sindacali, non già dal consenso dei singoli lavoratori, poiché, a conferma della sproporzione esistente tra le rispettive posizioni, basterebbe al datore di lavoro far firmare a costoro, all’atto di assunzione, una dichiarazione con cui accettano l’introduzione di qualsiasi tecnologia di controllo per ottenere un consenso valido, perché ritenuto dal lavoratore stesso, a torto o a ragione, in quale modo condizionante l’assunzione.

Per queste ragioni è stato conclusivamente affermato che il consenso del lavoratore all’installazione di un’apparecchiatura di videosorveglianza, in qualsiasi forma prestato (anche scritta, come nel caso di specie), non vale a scriminare la condotta del datore di lavoro che abbia installato i predetti impianti in violazione delle prescrizioni dettate dalla fattispecie incriminatrice.

Avv. Sabrina Caporale

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