Violenza nelle scuole: è davvero necessaria una legge che tuteli gli insegnanti e i docenti dalle aggressioni da parte di studenti e genitori?
Gli atti di violenza nelle scuole da parte di alunni e genitori sta mobilitando il mondo dei docenti, degli educatori e di tutte le associazioni di categoria, perché si intervenga al fine di ampliare gli strumenti a tutela della loro integrità psico-fisica, anche se ciò potrebbe comportare l’apertura del codice penale a nuove fattispecie di reato.
L’evoluzione della società, i mutamenti dei rapporti e delle relazioni, il cambiamento dei costumi e del sistema dei valori sociali, porta inevitabilmente ad una costante rivisitazione delle fattispecie penali contenute nel nostro ordinamento.
A volte si tratta semplicemente di smussare gli angoli, altre volte si tratta di vere e proprie opere di demolizione e ricostruzione; vi sono poi, dei casi in cui il pensiero giuridico si spinge sino a farsi portavoce delle esigenze di tutela della società o di una specifica classe o gruppo sociale; giungendo così alla formulazione di nuovi “tipi “di reato.
La società sta cambiando e lo si percepisce a partire dalle nostre scuole.
Gli episodi di violenza e gli atti di brutale accanimento contro professori ed educatori da parte di studenti e genitori è un fenomeno inaccettabile, in continua crescita.
La portata è così allarmante al punto di essere diventato un vero e proprio caso sociale. Di recente anche il Ministro dell’istruzione è intervenuto sul punto e ha dichiarato che “le aggressioni nei confronti dei docenti, del personale della scuola tutto, sono atti da condannare sempre duramente. (… ) si tratta di esperienze devastanti. Per chi la subisce e per chi assiste a questi atti che avvengono all’interno di un luogo che è di formazione ed educazione”.
Di qui la promessa e l’impegno di un pronto intervento da parte del Governo al fine di “ri-creare un clima di serenità, per mettere la scuola in condizione di concentrarsi maggiormente sulla gestione del rapporto con le famiglie, di adottare metodi di recupero”.
Nelle ultime ore è tornata a far clamore la voce (proveniente soprattutto alle associazioni di categoria) che chiede un intervento concreto del potere legislativo affinché introduca una specifica fattispecie penale volta a reprimere (e punire) tutti i fatti di tale violenza contro i professori.
Si tratta, detto in altri termini, dell’opportunità di inserire nel codice penale il reato di “aggressioni contro professori, maestri e insegnanti”.
Questa è la soluzione?
A ben ragionare, la domanda che dovremmo porci non è neppure questa.
Occorre piuttosto meditare su quanto sia ragionevole richiamare l’ordinamento punitivo ad intervenire su di un tema così delicato; e se non fosse più appropriato attuare un’opera di intervento per la creazione di nuove “fattispecie morali”, di cultura, di società e di valori civili.
Agire sul piano preventivo e/o repressivo quali conseguenze potrebbe avere? E quali frutti potrebbe dare, posto che si tratta specialmente di minori?
Certo, l’introduzione del “reato di violenza contro il docente nell’esercizio delle sue funzioni” da parte di studenti e genitori rappresenterebbe un unicum nella storia del diritto penale italiano. E comunque, il nostro ordinamento già possiede specifici mezzi di tutela da attuare in questi casi.
Il problema che ne conseguirebbe sarebbe, in ogni caso, un altro: quali criteri scegliere nella formulazione della pena? Il criterio preventivo, deflattivo, o semplicemente punitivo? E inoltre, come quantificarla e/o applicarla?
Non bisogna dimenticarsi che gli autori di tali fatti sono molto spesso minori. E nel caso di genitori, qualcuno addirittura propone di inserire la pena accessoria della perdita della patria potestà.
Il problema educativo – a parere di chi scrive – non può essere risolto sul piano dell’ordinamento penale-punitivo. L’ordinamento dovrebbe piuttosto intervenire con misure positive (non “negative” di repressione di fatti penalmente rilevanti) di cultura alla educazione a partire dalla formazione nelle famiglie del valore della civiltà e del rispetto.
Avv. Sabrina Caporale
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