Confermata in Cassazione l’assoluzione di un ausiliario ospedaliero accusato di abbandono di persone incapaci per  aver lasciato solo un paziente di 88 anni con difficoltà a deambulare

Con la sentenza n. 30734/2020 la Cassazione ha confermato l’assoluzione di ausiliario ospedaliero accusato del reato di abbandono di persone incapaci.

L’uomo, nello specifico, era imputato del reato previsto e punito dall’art. 110, 81 comma 2, 591 c.p., perché, in concorso con altri, aveva abbandonato “una persona incapace per infermità e per età di provvedere a se stessa e della quale doveva averne cura in quanto degente del reparto presso il quale lo stesso prestava servizio”.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la controparte deduceva inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, nonché mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione.

Il ricorrente, in particolare, contestava alla Corte d’appello di aver ritenuto che il giudice di primo grado avesse accertato che la persona offesa “seppur sofferente per età e le patologie sofferte, fosse autosufficiente”, motivo per cui non era stato trasportato in barella o in autoambulanza, bensì tramite accompagnatore della Multiservizi. Essendosi l’imputato attenuto alle disposizioni regolamentari dell’azienda ospedaliera all’epoca vigenti, né potendo sindacare la congruenza delle condizioni di salute del paziente rispetto alle modalità di trasporto, il Giudice a quo aveva quindi considerato non integrati gli estremi di cui all’art. 591 c.p. (abbandono di persone incapaci), neppure sotto il profilo civile.

Invero – si sottolinea nel ricorso – era stato affermato e non contestato “che le condizioni apparenti del paziente non fossero tali da permettere di restare in piedi nella stanza ove fu lasciato senza alcuna assistenza”.

Il fatto di deambulare con difficoltà ad ottantotto anni, in convalescenza e con episodi vagali e di vertigini reiterati era da considerare come la normalità, insuscettibile di rendere l’anziano ospedalizzato “autosufficiente o comunque autonomo”.

Il ricorrente evidenziava come non vi fosse in ogni caso alcun dubbio che l’imputato avesse l’obbligo di custodia e che avesse dovuto consegnarlo nelle mani del sanitario di turno, insieme con la cartella clinica, annotando nel registro ogni spostamento e i nomi di chi prendeva e riconsegnava.

L’accettazione in ospedale del paziente ai fini del ricovero – sottolineava ancora –  “determina con la struttura la conclusione di un contratto di natura atipica, incentrato su una prestazione complessa a favore dell’ammalato che può definirsi di ‘assistenza sanitaria’: nell’ambito di tale rapporto assumono rilievo, oltre alle prestazioni mediche, anche le obbligazioni accessorie di sicurezza e protezione. Ne deriva che la responsabilità civile nei confronti del paziente che ha subito lesioni a seguito di caduta all’interno dell’ospedale ha natura contrattuale e può sussistere indipendentemente dalla possibilità di accertare o meno il comportamento del singolo soggetto operante all’interno della struttura stessa”.

In ogni caso, in relazione alla responsabilità dell’operatore (avente natura contrattuale), è il debitore, a dover provare di aver correttamente adempiuto e, in caso di inadempimento, dimostrare, al fine di liberarsi dalla responsabilità, di non aver potuto adempiere, in tutto o in parte, per causa a lui non imputabile.

L’elemento soggettivo del reato, poi, non sarebbe stato escluso dal fatto che chi ha l’obbligo di custodia ritenga l’incapace in grado di badare a se stesso grazie all’aiuto di terzi.

Illogica e contraddittoria, dunque, era la motivazione della sentenza, ove riteneva il paziente perfettamente autonomo e autosufficiente, laddove invece era deambulante con difficoltà evidente a qualunque operatore, mentre le disposizioni regolamentari dell’azienda disponevano la presa in consegna e la riconsegna materiale a personale sanitario, con preciso obbligo di annotazione.

La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto le doglianze inammissibili in quanto si incentravano in ogni caso su questioni, a tratti involgenti diversi aspetti del fatto, in ogni caso già ampiamente affrontate nelle conformi pronunce di merito che avevano in definitiva concluso, a seguito di un percorso valutativo-argomentativo esaustivamente svolto sulla base dell’analisi delle emergenze processuali, che fosse insuperabile il dubbio sulla effettiva consapevolezza dell’imputato di rendersi conto delle condizioni di salute della persona offesa, come percepibili da un soggetto privo di competenze mediche a cui, peraltro, era stato affidato unicamente il compito del trasportatore, le cui modalità già di per sé escludevano che si trattasse di persona non incapace di badare a se stessa, e della pericolosità della propria condotta.

La redazione giuridica

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