La responsabilità per il danno causato dall’animale, prevista dall’art. 2052 cod. civ., incombe a titolo oggettivo ed in via alternativa o sul proprietario, o su chi si serve dell’animale

Lo ha dichiarato il Tribunale di Benevento, nell’ambito di un procedimento instaurato per il risarcimento dei danni (per lo più di natura psicologica) subiti dall’attrice dopo essere stata aggredita da un cane di razza Rottweiler.

La donna aveva citato in giudizio il proprietario, nonché l’utilizzatore del cane.

Ebbene, al riguardo, il tribunale di Benevento ha ricordato –  come già chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n.  n. 16023 del 7.7.2010 – che “La responsabilità per il danno causato dall’animale, prevista dall’art. 2052 cod. civ., incombe a titolo oggettivo ed in via alternativa o sul proprietario, o su chi si serve dell’animale, per tale dovendosi intendere non già il soggetto diverso dal proprietario che vanti sull’animale un diritto reale o parziale di godimento, che escluda ogni ingerenza del proprietario sull’utilizzazione dell’animale, ma colui che, col consenso del proprietario, ed anche in virtù di un rapporto di mero fatto, usa l’animale per soddisfare un interesse autonomo, anche non coincidente con quello del proprietario”.

Ha perciò stabilito che l’unico possibile responsabile dell’aggressione era soltanto colui che al momento dell’aggressione, aveva la materiale disponibilità dell’animale, sebbene appratente anche all’altro convenuto.

Ed invero, a norma di legge, il proprietario di un animale, o chi se ne serve, risponde dei danni cagionati dall’animale, salvo il caso fortuito.

Sul punto, la Suprema Corte ha anche definito il concetto di caso fortuito, sia relativamente all’art. 2052 c.c., sia relativamente al caso, del tutto analogo, dell’art. 2051 c.c.

In particolare, secondo la Terza Sezione civile della Cassazione  sentenza n. 10402 del 20.5.2016, “La responsabilità del proprietario, o di chi si serve di un animale, di cui all’art. 2052 c.c., si fonda non su un comportamento o un’attività – commissiva od omissiva – ma su una relazione intercorrente tra i predetti e l’animale, il cui limite risiede nel caso fortuito, la cui prova – a carico del convenuto – può anche avere ad oggetto il comportamento del danneggiato, purché avente carattere di imprevedibilità, inevitabilità e assoluta eccezionalità”.

Con maggiore specificità, la Sesta Sezione ord. n. 9315 del 3.4.2019,  ha affermato che: “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso”.

La decisione

Ed infatti, nella vicenda in esame, il giudice di primo grado ha ritenuto che il comportamento della vittima non fosse del tutto esente da responsabilità. L’attrice, infatti, conosceva bene l’aggressività dei cani, essendo stata già aggredita in passato. Nonostante ciò, aveva parcheggiato l’auto per poi avvicinarsi, consapevolmente al luogo ove si trovava il rottweiler.

Per queste ragioni, il Tribunale ha definito la vicenda riconoscendo a quest’ultima una parte di responsabilità pari al 20% e al proprietario dell’animale il restante 80%, con conseguente condanna in favore della prima, della somma di euro 49.868,64, a titolo di risarcimento per l’inabilità temporanea.

La redazione giuridica

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