Il Condominio può porre dei limiti sull’uso delle aiuole condominiali, ma non può introdurre un divieto generalizzato di utilizzazione delle parti comuni

E’ da ritenersi illegittima la delibera dell’assemblea di condominio che limita il diritto dei condomini di coltivare le aiuole condominiali adornandole con piante e/o arbusti. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 2957/2018 pronunciandosi su una controversia relativa all’uso delle aiuole condominiali.

Nello specifico alcuni condomini avevano impugnato una delibera assembleare in base alla quale aiuole e spazi verdi condominiali dovevano essere lasciati liberi da qualsiasi ingombro. In conseguenza del provvedimento l’Amministratrice di condominio aveva provveduto autonomamente a rimuovere i vasi e le piante ivi collocate dai ricorrenti.

Successivamente gli stessi condomini provvedevano a impugnare anche una seconda delibera. Questa stabiliva il divieto di utilizzare le aiuole condominiali per piantarvi essenze vegetali, deporre vasi o materiali sugli spazi comuni.

Il Tribunale di Cagliari, riformando la decisione del Giudice di Pace, aveva dichiarato fondato nel merito l’appello dei condomini ricorrenti, disponendo l’annullamento delle due delibere. Di qui il ricorso del Condominio alla Suprema Corte, articolato su cinque motivi.

In particolare con il quarto motivo il Condominio lamentava  la violazione e/o falsa applicazione della normativa relativa all’uso della cosa comune, disciplinata dall’art. 1102 c.c.

Tale norma dispone che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa.

Secondo il Condominio la sentenza impugnata avrebbe affermato una regula iuris difforme da quella contemplata dal codice civile. Avrebbe infatti statuito che la regolamentazione dell’uso delle parti comuni svilirebbe a tal punto il diritto di comunione sulle parti comuni da impedire l’uso di tutti i partecipanti su esse.

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondata l’argomentazione proposta, rigettando il relativo ricorso. Per gli Ermellini, infatti, la decisione del Tribunale appare in continuità con la giurisprudenza della Corte in relazione all’interpretazione ella normativa in materia.

In base a tale orientamento l’art. 1102 c.c. non porrebbe una norma inderogabile. In altri termini i limiti possono essere resi più rigorosi dal regolamento condominiale, o da delibere assembleari adottate con i quorum prescritti dalla legge. Tuttavia resta ferma l’illegittimità di introdurre un divieto di utilizzazione generalizzato delle parti comuni.

Nel caso esaminato, secondo i Giudici di Piazza Cavour, la piantumazione operata dai condomini sarebbe espressione del loro diritto di migliorare l’uso delle aiuole. La delibera condominiale che ne dispone il divieto, invece, deve ritenersi illegittima.

 

 

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