Giovedì 3 marzo un grosso pino mediterraneo è caduto sulla via Laurentina abbattendosi su un’auto in transito e causando la morte di due persone. Per capire come muoversi in questi casi, se ci sono margini di risarcimento «Responsabile Civile» ha chiesto un parere al patrocinatore stragiudiziale Umberto Coccia

Giovedì, a causa del forte vento, un grosso pino mediterraneo si è abbattuto su un’auto in transito sulla via Laurentina, all’altezza del chilometro 36 di via Laurentina, nella zona di Tor San Lorenzo (Ardea), a qualche chilometro da Roma.

La caduta dell’alberto ha provocato al morte di due uomini che si trovavano a bordo della vettura; una terza persona è rimasta ferta gravemente. La procura di Velletri ha al momento aperto un fascicolo contro ignoti; il reato ipotizzato è quello di omicidio colposo. Ora, il pm Giuseppe Strangio ha incaricato un agronomo di valutare le condizioni dell’albero sradicato dal vento e, dai successivi e urgenti rilievi sarebbe emerso che l’albero aveva le radici malate.

Ma quindi, si può parlare di tragedia del maltempo, o quanto successo è il triste risultato dell’incuria?

Al di là del caso specifico, le vittime di incidenti simili non sono purtroppo isolate e quella della manutenzione del verde, specialmente a Roma, è una problematica seria, come sottolinea anche il quotidiano Repubblica che, ieri, nel parlare dell’incidente di Tor San Lorenzo ricordava altri episodi simili.

Per capire come muoversi in questi casi, se ci sono margini di risarcimento o per rivalersi sulle Amministrazioni responsabili della gestione del verde pubblico, «Responsabile Civile» ha chiesto un parere al patrocinatore stragiudiziale Umberto Coccia.

«Dovendo valutare le eventuali responsabilità dell’amministrazione comunale, mi pare che ben si possa partire dal commento finale dell’articolo di Repubblica: “In  questi giorni di maltempo, la capitale si è trasformata in un cimitero di alberi caduti. Ne sono caduti un centinaio: 70 in una sola notte, perché a Roma la manutenzione del verde è allo sbando.

Occorre precisare che le pur avverse condizioni meteo, causa della caduta arborea, in un quadro come quello descritto dal cronista, non possono esimere da responsabilità il Comune, che pure – con buona probabilità – invocherà l’esimente del caso fortuito. Bisognerebbe partire dall’analisi della violenza della perturbazione e capire se può essere classificata come extra ordinaria.

Sul punto, la giurisprudenza oramai consolidata è chiara: l’Amministrazione è esonerata dalla responsabilità esclusivamente se fornisce la prova di un evento atmosferico realmente imprevisto ed imprevedibile, la cui intensità ed eccezionalità deve essere stabilita facendo riferimento a parametri di natura statistica, nonché a concreti e specifici elementi di prova.

Quanto all’applicabilità, nel caso di specie, dell’art. 2051 c.c. in luogo del 2043c.c., la Suprema Corte ha affermato in primo luogo che una pianta non ha un’estensione tale, da non poter consentire un efficace controllo dal pare della Pubblica Amministrazione, la quale ha il potere-dovere di custodia sulla medesima; e in secondo luogo, che essa, a differenza del manto stradale, non è oggetto di uso diretto e continuo da parte degli utenti; talché la responsabilità che consegue per eventuali danni cagionati dalla caduta di alberi è quella di cui all’art. 2051 cod. civ, con la presunzione di colpa già sopra illustrata, e non quella di cui all’art. 2043 cod. civ.

Ne consegue che è l’Ente pubblico custode a dover dimostrare di avere operato un efficace, regolare ed adeguato controllo, e di avere osservato, nella cura delle piante, la diligenza necessaria ad evitarne la caduta, per cui il crollo si è verificato per una causa non ascrivibile a sua colpa; ciò in quanto, sostiene ancora la Corte “la caduta dell’albero, quale fatto che ha causato il danno, è di per sé idonea a far presumere che essa si sia prodotta per colpa dell’ente demaniale e delle sue pertinenze dal momento che la caduta di un albero è normalmente conseguenza di un processo di lunga durata, di cui possono essere avvertiti i segni attraverso una verifica periodica dell’età della pianta e di quei fattori ambientali che ne possono alterare lo stato filo-sanitario al punto da determinarne la caduta” (Cass. Civ., Sez. IlI, 8 novembre 2002, n. 15707)».

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