Anziano operato al femore sano

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Una storia che ha dell’incredibile. Tomaso S., originario di Sassari ma residente nel Vesuviano, si ricovera in ospedale per una frattura al femore della gamba sinistra. Dopo l’operazione, l’anziano signore torna in stanza e i suoi parenti scoprono che in realtà è stato operato alla gamba destra. Una vicenda ancora poco chiara che vede coinvolto il presidio sanitario di Sant’Anna di Boscotrecase. Di buono c’è che l’errore è stato immediatamente riconosciuto ed i sanitari hanno subito provveduto ad operare l’arto fratturato.

“Mio padre – racconta la figlia del paziente che fa l’avvocato di professione – è caduto giovedì, in casa, riportando la frattura del femore sinistro. Lo abbiamo subito accompagnato in ospedale a Boscotrecase. Qui il personale sanitario ha predisposto tutto per l’operazione: doveva essere un intervento di routine, senza particolare difficoltà, invece hanno commesso un gravissimo errore che denunceremo alle autorità giudiziarie”.

Una denuncia che farà perdere molti punti in classifica all’ospedale vesuviano. Vogliamo ricordare, infatti, che il reparto di Ortopedia dell’ospedale Sant’Anna è stato premiato pochi giorni fa da Focus come “eccellenza italiana” nel campo delle riduzioni delle fratture del femore.

“Si è trattato di un errore – dichiarano i vertici dell’Asl Napoli 3 Sud – del quale l’azienda si assume tutte le responsabilità. Su questo episodio si è già attivato il nostro desk management che dovrà verificare  quali strade siano state percorse erroneamente e abbiano portato a questo spiacevole episodio”.  L’evento è balzato all’occhio di tutta la stampa nazionale, soprattutto dei media locali.

“Il chirurgo si è scusato con noi – spiega la figlia a Il Mattino – ma sono scuse ch non accetto. Ora mio padre è ancora frastornato e non sa nemmeno cosa gli sia successo, ma immaginate cosa significa fare una fisioterapia non ad un arto, bensì a due?”


La redazione di Responsabile Civile ha sentito l’avvocato Leonardo Bugiolacchi, esperto in malasanità.

Ecco l’intervista.

Cosa ci si deve muovere in caso come questo o comunque quando si ritiene di aver subito un danno da errore medico?

In primo luogo il cliente conferisce  mandato al proprio avvocato, al quale consegna tutta la documentazione relativa all’intervento, vale a dire le cartelle cliniche dal momento dell’accesso alla struttura ospedaliera al momento delle dimissioni. Questi sono documenti che certificano effettivamente cosa in realtà è stato fatto all’interno della struttura sanitaria. La documentazione sanitaria così acquisita viene sottoposta all’esame di un medico legale – solitamente indicato dall’avvocato – il quale, in casi di particolare complessità ed a seconda della sua specifica competenza rispetto alla fattispecie concreta, coinvolgerà un medico specialista. Quando a seguito di tale esame preliminare vengono rilevati profili di responsabilità dei medici e/o della struttura (ad esempio per deficit organizzativo), l’avvocato invia una richiesta di risarcimento alla struttura sanitaria, chiedendo anche di conoscere il nominativo della compagnia di assicurazione che garantisce la struttura per la responsabilità civile (propria e dei suoi dipendenti) verso terzi. Il problema è che attualmente la maggior parte delle stutture sanitarie pubbliche risulta sprovvisto di assicurazione (o lo sono soltanto per i danni cosiddetti “catastrofali”, spesso considerati tali quando il risarcimento supera il milione o il milione e mezzo di euro), in quanto le imprese assicuratrici non ritengono remunerativa la copertura di tali rischi, dato che il numero dei cosiddetti “eventi avversi” è elevato ed i risarcimenti che ne derivano sono spesso ingenti. Sarebbe quindi auspicabile, anche in una prospettiva di incremento delle possibilità di pervenire ad una soluzione stragiudiziale delle controversia – che eviti cioè il contenzioso davanti ad un giudice – che le strutture sanitarie tornassero ad essere dotate di copertura assicurativa. E’ infatti evidente che le strutture pubbliche, con i loro esigui fondi,  non sono in grado di far fronte non solo al pagamento di risarcimenti che possono essere anche molto elevati ma neppure di proporre ipotesi di accordo transattivo che, seppur inferiori nell’importo rispetto a quanto prevedibilmente ottenibile all’esito di una causa, avrebbero comunque il vantaggio di far ottenere al paziente leso un risarcimento comunque dignitoso in tempi rapidi.

Come sarebbe possibile ottenere il rientro nel mercato delle imprese assicuratrici?

Il ritorno delle imprese a fornire la copertura delle strutture sanitarie pubbliche potrebbe derivare senz’altro dall’introduzione della obbligatorietà di tale assicurazione, peraltro già ipotizzata in moltissimi disegni di legge presentati negli ultimi anni ma poi arenatisi. In assenza di tale obbligatorietà, questo ritorno all’assicurazione potrebbe essere agevolato dall’adozione, da parte delle aziende sanitarie, di efficaci sistemi di gestione e prevenzione del cosiddetto rischio clinico. Infine, un elemento fondamentale potrebbe essere rappresentato dalla introduzione normativa della tabella nazionale per il risarcimento del danno delle lesioni di non lieve entità, come previsto peraltro dal decreto Balduzzi, in quanto tale tabella consentirebbe di aumentare la prevedibilità del costo del risarcimento , e quindi del rischio per l’assicurazione, sebbene ritengo che una prevedibilità assoluta non sia comunque raggiungibile.

Tornando al caso descritto, cosa accade dopo l’invio della richiesta risarcitoria?

In un caso di ammissione di colpa, come quello del sig. Tomaso,  è molto più semplice arrivare ad una valutazione sulla sussistenza di responsabilità. Nel momento in cui c’è un’ammissione oppure un’evidenza tale da rendere praticamente pacifica la responsabilità della struttura (che risponde per la condotta del suo medico), a quel punto non resta che determinare il danno. Quindi la cosa fondamentale  che va fatta non è più dimostrare la responsabilità o meno della struttura sanità, ma è cercare di capire, in termini estremamente pratici, quanto vale il danno. Diventa allora determinante l’intervento del medico legale, al quale spetta determinare natura ed entità del danno alla persona subito e tradurre tali elementi in una percentuale di invalidità permanente (da 1 a 99 punti). E i responsi al riguardo sono spesso molto diversi, a seconda se il caso viene analizzato dal medico legale di parte o dal medico legale fiduciario dell’ospedale (e/o della sua eventuale compagnia assicuratrice). In linea di principio il caso descritto  è più semplice rispetto a quelli classici di malasanità.

I sanitari a cosa vanno incontro?

I sanitari vanno incontro a due tipi di responsabilità. Una responsabilità di natura penale perché ovviamente quando ci troviamo di fronte alla fattispecie di malpractice medica può essere sempre astrattamente configurabile il reato di lesione colposa. Ovviamente, con il decreto Balduzzi, la colpa dei sanitari dal punto di vista penalistico viene valutata in maniera più “condiscendente”, nel senso cioè  che i sanitari rispondono solo colpa grave quando dimostrino di aver seguito le linee guida applicabili al caso concreto e non anche per colpa lieve. Una responsabilità di natura civilistica, che si inquadra, secondo una costante impostazione della Cassazione, anche successiva al decreto Balduzzi, nell’ambito di una ordinaria responsabilità contrattuale, il che significa che per il paziente sarà sufficiente (ma necessario), provare il rapporto contrattuale con la struttura (che è insito nell’atto stesso del ricovero) ed allegare (il che è meno che provare) il peggioramento del proprio stato di salute conseguente all’errore. Tornando a quanto detto prima, in una fase in cui la maggior parte delle strutture sanitarie pubbliche sono prive di assicurazione quanto meno per i danni non catastrofali (che sono poi rappresentano il numero di gran lunga più elevato), può rivelarsi opportuno per la persona danneggiata svolgere richiesta risarcitoria anche nei confronti del singolo medico, laddove individuabile come responsabile, in quanto attualmente la maggior parte dei medici ospedalieri sono dotati di una assicurazione personale della propria responsabilità professionale in quanto, non potendo beneficiare della copertura assicurativa fornita loro dalla struttura, finirebbero per essere esposti con il loro patrimonio personale.

Sei anche tu vittima di errori medici? Chiama Responsabile civile per una consulenza gratuita con i nostri esperti al numero 06/69320026 o scrivi alla redazione: redazione@responsabilecivile.it
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